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Carceri, se la risposta è solo detentiva

Carceri, se la risposta è solo detentiva

Il piano del Governo prevede 60 interventi edilizi in tre anni per recuperare quasi 10mila posti. Bisagna (Antigone Sicilia): “Non è la soluzione, servono depenalizzazioni e misure alternative”

ROMA – Sono 758 i milioni che il Governo ha deciso di stanziare per contrastare il sovraffollamento carcerario in Italia. Un piano di 60 interventi spalmati sul triennio 25-27 con l’obiettivo di colmare un gap di 9.696 posti mancanti nelle strutture penitenziarie. Il sistema carcerario italiano, infatti, a oggi ha un deficit di 15.697 posti detentivi, che il Governo vorrebbe recuperare agendo su due fronti. Da un lato attraverso il piano di edilizia carceraria presentato in Consiglio dei Ministri lo scorso 22 luglio dal commissario straordinario Marco Doglio. Dall’altro lato, ulteriori 5.000 posti verrebbero recuperati nell’arco di un quinquennio, attraverso la “strutturazione di operazioni di trasformazione/valorizzazione di carceri esistenti” ma obsolete, che verrebbero sostituite o riqualificate grazie al coinvolgimento di investitori. Insomma, l’idea di Palazzo Chigi è quella di ricorrere a inediti “fondi immobiliari carcerari”. Per fare questo si sta lavorando a un censimento dei 207 istituti penitenziari presenti sul suolo nazionale.

Carcere “differenziato” per i detenuti tossicodipendenti

Ad alleggerire la pressione dentro gli istituti di pena, la previsione di un regime di detenzione differenziata per i detenuti tossicodipendenti, purché ci sia una relazione tra lo stato di tossicodipendenza e il reato non grave compiuto. Tuttavia – ha precisato il ministro Carlo Nordio – non si tratta di un provvedimento che “obbedisce” alla logica dello sfoltimento carcerario: la sensibile riduzione che ne deriverebbe sarebbe solo un positivo effetto collaterale di una misura che vuole costituire “una visione meno carcero-centrica della sanzione penale rispetto a persone che più che essere delinquenti sono da curare”.

In Sicilia esistono 23 istituti penitenziari

In Sicilia esistono 23 istituti penitenziari che accolgono, secondo i dati del Ministero di Giustizia aggiornati al 30 giugno di quest’anno, 7.068 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 6.438. In maggiore sofferenza le case circondariali di Gela il cui indice di sovraffollamento è del 156,2%. Seguono le catanesi Piazza Lanza (147,7%) e Bicocca (139%), Agrigento (132,5%), Caltanissetta (+131,7%), Siracusa (127,9%) e il Pagliarelli di Palermo (116,4%). Non sono esenti nemmeno le case di reclusione, che ospitano coloro che devono scontare pene superiori a 5 anni. Tra tutte, Augusta registra un +160,4%.

Giorgio Bisagna, presidente di Antigone Sicilia: “In direzione opposta a quello che si dovrebbe fare”

C’è da essere soddisfatti del piano del Governo? “No” secondo Giorgio Bisagna, presidente di Antigone Sicilia: “Sembra un panno bollente che, messo su un ustionato, ne aumenta soltanto l’ustione”. “Rispetto a un Governo che inasprisce le sanzioni per reati bagatellari – spiega Bisagna – è verosimile che aumenteranno i casi di detenzione: ‘Affidarsi alla via edilizia per risolvere i problemi delle carceri non è la soluzione. È stato presentato un programma che, col sistema delle opere pubbliche, durerà almeno 10 anni e, nel frattempo, non si è tenuto debitamente conto del trend in aumento. Nel 2027 potremmo rimanere comunque in simile difetto. Andiamo in direzione opposta a quello che si dovrebbe fare”.

Quali sono le misure che occorrerebbero e che, invece, stanno mancando?
“Depenalizzazione e amplificazione delle misure alternative, rinforzando gli organici dei servizi sociali, degli educatori e anche della magistratura di sorveglianza, un po’ il collo di bottiglia della questione, perché, sovraccarica di lavoro, non riesce a smaltire in tempi accettabili tutti i casi”.

A questo proposito, il Ministro in conferenza stampa ha chiamato in causa la questione del sovraccarico di lavoro della magistratura rispetto al provvedimento sui tossicodipendenti…
“Il problema è che mancano le strutture: un avvocato per trovare una struttura per mandare in misura alternativa un ragazzo assuntore di stupefacenti deve affrontare un calvario. Mancano le Rems, abbiamo un problema di mancanza a livello di assistenza psichiatrica. Invece di creare para-carceri, perché non si creano le strutture già previste dall’ordinamento penitenziario?”.

Per il Governo, pronto a coprire il costo per mille tossicodipendenti, il problema è la mancanza di organico nella magistratura di sorveglianza…
“Nella questione sul nodo carcerario la magistratura non è senza colpe. La situazione cambia da tribunale a tribunale, ma non tutti i tribunali di sorveglianza sono di manica larga con la concessione delle misure alternative. È un problema di cultura giuridica, ma anche di numeri, nel senso che sono sottorganico e hanno un lavoro cui fare fronte pazzeschi”.

E in Sicilia? Qual è la situazione?
“Sicuramente le circondariali sono tutte in sofferenza, ma anche alcune case di reclusione non se la passano meglio. Come se non bastasse, col caldo ogni anno si crea una situazione letteralmente infernale, dentro le celle si arriva a 40 gradi in estate. Hanno qualche ventilatore perché viene autorizzato l’acquisto a spese loro o viene donato dai volontari. Si pontifica, ma una parola per climatizzare le strutture carcerarie non è stata ancora detta”.

Il Governo ha ringraziato il consiglio nazionale forense per aver donato 120 ventilatori. Basteranno?
“La punizione prevista dalla legge è la privazione della libertà, non che si debba soffrire durante la detenzione. Il carcere non è un albergo, ma neppure deve essere un luogo di sadico compiacimento per la sofferenza delle persone. Anche il peggiore criminale è un essere umano, non si deve aspettare la misericordia del volontariato, ma è lo Stato che deve provvedere. Uno Stato che ringrazia perché altri hanno provveduto è uno Stato che ha già fallito. A meno che prendiamo come esempio quello sovietico o Trump che vuole gli alligatori, il modello a cui dobbiamo riferirci è un altro, cioè quello che ci impone la nostra Costituzione”.