Istituzioni

Carceri in Sicilia tra emergenze e continue tensioni: ecco perché la rieducazione è difficile

PALERMO – Sicilia, terra di emergenze. Ce n’è una in particolare, più “silenziosa” ma non meno pericolosa delle altre, e si chiama carcere: nel 2023 si registra un tasso di affollamento medio del 98,5% con una variazione dell’anno corrente del +6,6%. (fonte: Antigone Onlus su dati Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia).

Gli istituti penitenziari che “soffrono” di più

Al momento, gli istituti penitenziari che “soffrono” di più sono la Casa di reclusione di Augusta con il 136,8% di affollamento (capienza 364 posti e presenze 498), la Casa circondariale Catania Bicocca con un affollamento del 152,2% (capienza 136 e presenze 207) ed ultimo il carcere di Piazza Armerina con il tasso di 153,1% (49 posti di capienza e 75 presenze). Ad affermarlo sono ancora una volta i dati di Antigone Onlus che osserva studia e monitora la situazione dei detenuti e degli istituti penitenziari.

Il neo eletto presidente di Antigone Sicilia, Giorgio Bisagna, è preoccupato per le conseguenze che possono scaturire dall’emergenza sovraffollamento e non crede che le soluzioni offerte dal Governo, prima fra tutte, l’aumento delle strutture, possano essere efficienti: “Non è aumentando le carceri che si risolverà il problema ma diminuendo il numero dei detenuti e fornendo più misure alternative al carcere: una buona parte dei carcerati si trova in cella perché al momento della sentenza non ha una situazione abitativa o sociale regolare e quindi anche se potrebbe bastare la detenzione domiciliare, si sceglie di metterlo in una casa circondariale”, dice al QdS l’avvocato, spiegando che mancano strutture detentive alternative, come ad esempio case famiglia, ed anche laddove viene applicata la detenzione domiciliare non si fanno i conti con il percorso di reinserimento del detenuto: “I domiciliari non possono essere solo stare a casa, ci devono essere progetti di reinserimento ed educazione invece qui siamo al punto che se il detenuto trova di sua sponte un progetto e vuole intraprenderlo, ed è raro, nella maggior parte dei casi le autorità glielo accordano ma altrimenti non c’è nessuno che gliene propone uno e questo allontana la persona da un percorso di ripresa”.

L’assessore regionale alla Famiglia, Nuccia Albano, interpellata dal QdS, ha spiegato: “Nonostante le carceri attuali non siano minimamente paragonabili a quelle di neppure molti decenni fa, la sensibilità culturale per la tutela della persona, le tecniche rieducative, le possibilità offerte dalla tecnologia consentono di dare risposte costruttive alle esigenze di sicurezza pubblica, di punizione e, contemporaneamente di tutela della personalità del condannato, essenzialmente e sempre ‘persona umana’, per quanto possa avere commesso fatti ripugnanti”.
Nonostante i passi in avanti compiuti, Albano ammette che “non è facile trovare soluzioni adeguate al complesso delle esigenze, dei diritti, dei valori che vengono messi in gioco. L’assessorato, attraverso alcune misure, interviene a sostegno dei detenuti con progetti volti al reinserimento socio-lavorativo e, con altre, si occupa del supporto alle famiglie di questi ultimi”.

I progetti attivi al momento

Albano ha poi illustrato al QdS i progetti attivi al momento: “L’assessorato ha stipulato con Cassa delle Ammende, diversi accordi: dal 2022 sono stati avviati i progetti Koinè (Sicilia orientale) e Ortis (Sicilia occidentale) che hanno consentito l’attivazione di alcuni tirocini d’inclusione sociale per rispondere all’esigenza di creare un presidio territoriale capace di intervenire attivamente sul rischio della recidiva, in favore di persone in esecuzione penale o messe alla prova che presentino particolari fragilità psicologiche, educative, economiche o abitative. Altro progetto è Una casa per ricominciare, della durata di un anno, per un costo complessivo pari a 300.000 euro finanziato interamente dalla stessa Cassa delle Ammende che tramite le autorità penitenziarie individua e aiuta i detenuti che non dispongono di un domicilio idoneo”.
L’elevato numeri di detenuti rispetto alla capienza porta, però, ad altre conseguenze: disagio sociale, scioperi della fame, suicidi.
Nel 2023 in Italia sono 39 le persone che in carcere si sono tolte la vita e nel 2022 c’è stato l’anno peggiore, solo in Sicilia 10 suicidi, il secondo numero più alto nel Paese dopo la Lombardia (Antigone).

“Non è accettabile che le carceri siano luoghi di morte”, commenta Bisagna. “Solo negli ultimi mesi ad Augusta – ha aggiunto – due ragazzi sono morti dopo aver fatto lo sciopero della fame, e l’assistenza psichico psichiatrica è un problema enorme”.

Secondo Antigone la situazione si è ingarbugliata da quando la competenza sanitaria delle carceri è passata direttamente alle Asp: “Nel caso dei tossicodipendenti i numeri sono mostruosi ed il trattamento sanitario risulta insufficiente poiché è di competenza strettamente territoriale. La Regione di questo non si fa carico ed invece dovrebbe fare scelte forti. Senza dubbio che si facciano dei progetti per il reinserimento socio-lavorativo, di sostegno, è una cosa positiva ma ancora l’evidenza di questo sostegno non l’ho percepita anche perché sono percorsi da valutare su lungo termine ma al momento i fondi sono troppo pochi e il numero dei detenuti è in crescita”.

L’assessore Messina sui percorsi di inclusione: “Maggiore sostegno ai Comuni”

Questa l’opinione di Bisagna che scatta una fotografia cruda della situazione. Il suo predecessore, Pino Apprendi, è stato intanto eletto come Garante dei diritti dei detenuti di Palermo: “Il Garante è una figura importantissima, seppur non obbligatoria, sia al livello comunale che al livello regionale, perché incide nella situazione detentiva e può conferire direttamente con i detenuti, chi ha esperienza può fare molto perché diventa una cinghia di trasmissione tra società, enti locali e detenuti” dice ancora Bisagna ed è dello stesso avviso l’assessore alle Autonomie locali Andrea Messina che qualche mese fa ha risposto ad un’interrogazione sensibilizzando su un rafforzamento delle prerogative di questa figura di nomina discrezionale: “Il Garante comunale costituisce l’anello di congiunzione tra il carcere e il territorio. La sua funzione è quella di vigilare sul diritto alla dignità delle persone recluse e sul rispetto delle prerogative fondamentali della persona quali, ad esempio, il diritto alla salute e sul senso di umanità che deve caratterizzare la pena, ricordando sempre che prerogativa del nostro sistema è la finalità rieducativa dei trattamenti imposti al condannato. La nomina del Garante, che deve possedere comprovate competenze, è soggetta all’approvazione di un Regolamento da parte del Consiglio comunale. Voglio sensibilizzare le amministrazioni comunali interessate: abbiamo avviato una ricognizione tra tutti i comuni interessati per intervenire con azioni di sensibilizzazione quali l’invio di un regolamento-tipo da trasmettere ai comuni per agevolarli nell’iter amministrativo di nomina”.

Messina ha puntualizzato che dai primi riscontri avuti, oltre Palermo e Siracusa, dove i garanti già esistono, si ha notizia solo dell’approvazione del regolamento nel comune di Sciacca, ma è ancora troppo poco.
Per dare delle risposte concrete, l’assessore Messina sta lavorando insieme agli uffici del Garante regionale e dell’assessorato regionale alla Famiglia su un disegno di legge che supporti le amministrazioni comunali nell’assistenza dei detenuti, impegno confermato, tra l’altro, anche dall’assessore Nuccia Albano: “Nei mesi scorsi abbiamo costituito la cabina di regia che si occupa della programmazione sui detenuti, composta dai direttori generali degli assessorati competenti per materia, dai provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria, dai direttori degli uffici interdistrettuali di esecuzione di pena esterna, dai direttori dei centri per la giustizia minorile e dal referente Anci”, dichiara Nuccia Albano.

“Verrà avviato un progetto – prosegue – con risorse da parte di Cassa Ammende per 2 milioni di euro e un cofinanziamento della Regione per 600 mila euro, per creare percorsi di sostegno e di inclusione in favore dei detenuti e soggetti con particolari disagi e marginalità: dalla presa in carico dei soggetti richiedenti o individuati con attenzione agli autori di violenza sessuale e ai consumatori di new addiction, alla promozione dell’inserimento socio-lavorativo. Il progetto prevede 3 annualità: 2022, 2023 e 2024. Entro l’anno verrà pubblicato l’Avviso”

Continua l’Assessore: “Inoltre Avviso 10 del Fondo Sociale Europeo 2014/2020 ha previsto 28 progetti per il reinserimento socio-lavorativo dei soggetti in esecuzione penale per un totale di oltre 18 milioni, di cui poco più di 16 milioni quota Poc e quasi 2 milioni quota FSE. Quattro le azioni del progetto: definizione del percorso, formazione, tirocinio e accompagnamento al lavoro. I 28 progetti sono stati suddivisi in: 1 rispettivamente ad Agrigento, Ragusa e Siracusa, 2 a Trapani, 3 rispettivamente a Catania e Messina, 6 interprovinciali e 11 a Palermo. Sono stati coinvolti circa 672 tirocinanti detenuti e 39 hanno conseguito, ad oggi, un attestato di qualifica”.

“Accanto a questo – conclude l’esponente della Giunta Schifani – l’Avviso 19 del Fse che supporta la creazione di nuova occupazione in favore di disoccupati e inoccupati, presi in carico o censiti dai servizi socio-sanitari, o dai servizi sanitari regionali a, ancora, dal Centro di Giustizia minorile che presentano forme di disagio sociale e vulnerabilità, per offrire loro servizi integrati personalizzati, finalizzati all’inclusione lavorativa e sociale. Con la nuova programmazione 2021-2027 verranno definiti nuovi Avvisi che riguardano la formazione e il reinserimento socio-lavorativo”.