I fondi del Pnrr per le carceri, pochissimi interventi: in Sicilia nulla

Per le carceri italiane solo “briciole” dal Pnrr e in Sicilia i fondi nemmeno arrivano

Filippo Calascibetta

Per le carceri italiane solo “briciole” dal Pnrr e in Sicilia i fondi nemmeno arrivano

Filippo Calascibetta  |
martedì 25 Luglio 2023

Nell'Isola non sono previsti interventi per strutture penitenziarie, nonostante sia la regione con il più alto numero di istituti

Ragusa, Palermo, Messina, Augusta; non è l’inizio di una classifica di qualche tipo, affatto. Sono le località siciliane dove vi è almeno un carcere e da dove negli ultimi mesi sono arrivate notizie su persone che si sono suicidate, o hanno tentato di farlo. Cosa avevano in comune? Tutti detenuti.

Dati alla mano, la situazione in Italia in merito al fenomeno suicidi in carcere non è incoraggiante. Tanti i fattori scatenanti, persone con problemi psichiatrici, conseguenze degli scioperi della fame e altri tipi di condizioni; probabilmente a influire sono anche i problemi, moltissimi problemi, che hanno gli istituti penitenziari sparsi su tutto il territorio della Penisola a livello strutturale.

I problemi delle carceri

Secondo una pubblicazione realizzata dall’associazione Antigone, al 29 maggio 2023, nei primi cinque mesi di quest’anno si sono registrati in Italia 23 suicidi all’interno delle carceri italiane, e sono quelli denunciati, di cui si ha notizia. Sì, occorre l’ultima precisazione, in quanto attorno al fenomeno si è creato un silenzio inspiegabile. Lo conferma il presidente dell’associazione Antigone in Sicilia, l’avvocato penalista Giorgio Bisagna: “Ci sono delle criticità nelle carceri siciliane. Tanti gli scioperi della fame che abbiamo constatato con l’associazione. Le notizie di suicidi e scioperi della fame ci arrivano dalle comunicazioni alla stampa dei sindacati di polizia penitenziaria, mentre è più difficile che si abbia contezza di tali accadimenti direttamente dall’Amministrazione – spiega Bisagna -. Tuttavia, se dovessi trovare una criticità, adesso, la quale richiede la massima priorità, è la presenza di soggetti affetti da disturbi psichiatrici che non ricevono le attenzioni adeguate. Solo ad Augusta su circa 400 detenuti, 120 hanno disturbi psichiatrici in terapia farmacologica e la presa in carico delle Asp di questi soggetti non è adeguata perché i medici devono “dividersi” tra il carcere e tutti i pazienti del Distretto di salute mentale di competenza. Oltre a ciò, mi sento di affermare che il carcere è ancora lontano dall’essere uno strumento rieducativo”.

Il carcere come strumento rieducativo, perché nasce con questo scopo, in buona parte ha fallito. Inteso ormai spesso come discarica sociale, gli esperti lo confermano. L’Italia non è assolutamente una Nazione modello in questo, già più volte è stata condannata per violazioni della Cedu (Convezione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo) dalla Corte di competenza.

I numeri

Le carceri italiani non versano in condizioni buone, almeno, per un buon numero di istituti è così. Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ossia il Pnrr, si poteva attingere ai fondi per proporre dei progetti di interventi, ma è stato fatto pochissimo, il tutto risulta alquanto irrisorio.

Dunque, orientandosi con i numeri, le presenze nelle carceri italiane totali sono: 57.525 (al 30/06/2023, Ministero della Giustizia), di cui 2.512 donne e 17.987 stranieri. In prevalenza la popolazione carceraria possiede solo la licenza media; il 39% degli istituti è stato costruito prima degli anni ’50; il 25% delle celle non rispetta i 3mq calpestabili per detenuto, come previsto dal regolamento del 2000; Il 5% delle celle non ha un wc in ambiente adeguatamente separato. Gli ingressi in carcere rimangono stabili, ma il numero di presenze crescerebbe per due motivi: il primo, ci sono più condanne definitive, infatti, al 31 dicembre 2021 il 69,9% dei presenti aveva in capo una condanna definitiva. Il secondo, è legato all’aumento dell’età media, in maggioranza, il 18,5%, dei presenti ha un’età compresa fra i 50 e i 59 anni. Subito dopo, 14,4%, età dai 35 ai 39 anni. Il 62% dei detenuti, al 31/12/2021, era stato in un istituto penitenziario almeno già una volta, dunque, è normale chiedersi se i programmi di reinserimento, o le misure alternative, siano poco efficaci. Ma ciò dipende anche da altri fattori. L’insieme di questi dati viene dall’ultimo report dell’associazione Antigone.

La Sicilia conta una popolazione carceraria di 6.329 persone detenute, emerge dagli ultimi dati, al 30/06, diffusi dal Ministero della Giustizia. Non pare si superi il numero di capienza prevista che è di 6.476. L’Isola è la regione italiana con il più alto numero di carceri sul territorio, ben 23. Seconda è la Lombardia, 18, dove vi è un grave tasso di soprannumero, e chiude il podio la Toscana con 16.

I fondi del Pnrr e il Pnc

Tornando al Pnrr, poteva essere un utile strumento per effettuare alcuni interventi, dati i deficit strutturali delle carceri, ma, nonostante siano stati stanziati anche fondi del Pnc (Piano Nazionale per gli Investimenti Complementari) che ammontano in totale a 30,6 miliardi di euro, in tutto il territorio italiano agli istituti penitenziari sono stato assegnati solo 132,90 milioni di euro. Suddivisi nel modo seguente: 84 milioni per interventi alle carceri per gli adulti e 48,9 milioni per i minori.

Gli interventi previsti sono di tipo strutturale per il rifacimento di padiglioni, costituzione nuovi padiglioni, efficientamento energetico, oppure per renderli a norma antisismica. Si faranno in Lombardia, Calabria, Campania, Lazio, Emilia-Romagna, Piemonte, Umbria e Veneto. In Sicilia niente, ed è l’Isola con il più alto numero di istituti. In Lombardia non è previsto alcun intervento per strutture in emergenza seria, come il San Vittore per esempio. Stessa cosa nel Lazio, niente interventi al Regina Coeli o a Latina, le case circondariali che versano in condizioni peggiori.

La politica

Per tale motivo, arrivano le parole di un esponente del partito Radicali Italiani, competente in tema carceri, ex consigliere regionale del Lazio, Alessandro Capriccioli: “I dati di sintesi che ho a disposizione coincidono con gli unici resi pubblici sul sito del Ministero della Giustizia (si veda il paragrafo precedente, ndr). Si tratta di interventi legati in gran parte a messe in sicurezza o di efficientamento energetico. Andrebbe rivisto tutto, altroché – dichiara Capriccioli -. Subentra anche un tema di natura politica, perché l’attuale Governo ha proposto ultimamente di costruire nuove carceri, ma così non si risolve nulla. È ora di smetterla con la propaganda politica. Nel Lazio, come nel resto d’Italia, ci sono situazioni nelle carceri imbarazzanti. Il tutto verificato con i miei occhi quando ero consigliere regionale: 3 docce funzionanti per 60 persone; al carcere di Cassino vi erano agenti di polizia penitenziaria e detenuti che indossavano sciarpe, cappelli, guanti e cappotto in alcune sezioni in inverno e viceversa in estate. Parliamo attorno al 2019 o 2020. Questi problemi scatenano nervosismo e causano episodi spiacevoli come le recenti maxi risse e simili. Il problema non si risolve rinunciando alla sorveglianza dinamica, ma del resto la penitenziaria dalla loro parte ha il problema che spesso si trova in sottorganico. Con interventi strutturali adeguati, almeno là dove serve, la tensione diminuirebbe sicuramente, occorrono decisamente più investimenti e con il Pnrr finisce tutto con quelle cifre. Per non considerare che la popolazione carceraria negli ultimi 30 anni è cambiata, vi sono più culture diverse, spesso mancano mediatori culturali, e si può parlare fino all’infinito dei problemi che si riscontrano nelle carceri” conclude Alessandro Capriccioli.

L’iniziativa “Devi Vedere”

Il partito Radicali Italiani ha organizzato recentemente un progetto che si chiama “Devi Vedere”, al quale possono partecipare tutti, previa una selezione e un breve percorso di formazione, per portare, con le autorizzazioni necessarie naturalmente, le persone esterne in visita alle carceri. È stato fatto in diverse parti d’Italia sino ad ora. Un’iniziativa che serve a portare a conoscenza le condizioni degli istituti penitenziari e aggiunge Capriccioli: “Si tratta di strutture chiuse, come si pretende un percorso di rieducazione, di reinserimento se la gente all’esterno non sa nemmeno di cosa si sta parlando? E anche chi è rinchiuso all’interno, sostanzialmente non conosce più l’esterno. Quando abbiamo avviato il progetto nel Lazio nel giro di una settimana abbiamo avuto circa 200 domande, da giovani e giovanissimi. Significa che a loro interessa il tema. Le carceri, ricordo, sono un luogo dello Stato”.

Progetti del Pnrr per le carceri e i Provveditorati

In conclusione, per quanto concerne i fondi Pnc destinati alle carceri italiane, è utile sapere che si tratta di fondi complementari al Pnrr, i quali possono essere cofinanziati da quest’ultimo oppure colpiscono direttamente il bilancio dello Stato. In totale si parla, appunto, di 30 miliardi circa, ma neanche l’1% destinati agli istituti penitenziari. Questo è quanto previsto per ora. Pochissimi progetti presentati, nel caso della Sicilia, si rammenta, nessuno.

Competenti nel proporre o, meglio, a presentare i progetti sarebbero i Provveditorati regionali che coadiuvano il Ministero della Giustizia per un migliore coordinamento nella gestione. La Sicilia ne ha uno per sé. Abbiamo contattato il Provveditorato di competenza, per chiarire la mancanza di progetti per la Sicilia, ma al momento non intendono rispondere.

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