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Il Carnevale in Italia tra maschere e tradizioni

Il Carnevale in Italia tra maschere e tradizioni
Carnevale_di_Viareggio_2008,_carro_vincitore_2008

Dal divertimento alla satira, dalla messa in scena all’arte: le celebrazioni carnevalesche rappresentano un tratto storico del folclore italiano.

ROMA – Il Carnevale è parte integrante del folclore italiano, ed è legato a culti e tradizioni che esaltano e valorizzano (talvolta esasperano) usi e costumi delle regioni italiane tramite la messa in scena di maschere regionali. Dal divertimento alla socialità, dai costumi ai carri, dai cibi tradizionali ai colori, fino alla satira politica: è un momento in cui si celebra la tradizione, aspettando la primavera.

È un rito festeggiato in moltissime città, alcune delle quali sono note nel mondo proprio per i particolari festeggiamenti che organizzano per questa ricorrenza: si pensi, ad esempio, al Carnevale di Venezia, a quello di Viareggio o a quello di Ivrea, che vantano una fama che travalica i confini nazionali e sono meta di turisti provenienti sia dall’Italia, sia dall’estero.

L’Italia è ricca di maschere regionali di Carnevale, di origine diversa: sono nate dal teatro dei burattini, dalla Commedia dell’arte, da tradizioni arcaiche, oppure sono state ideate appositamente come simboli dei festeggiamenti carnevaleschi di varie città.

Tante città festeggiano il Carnevale in Sicilia

Anche la Sicilia ha una lunga tradizione folcloristica e d’arte legata al Carnevale che coinvolge tante città in tutta la Regione.

In Sicilia la maschera per eccellenza è Beppe Nappa, che viene dalla Commedia dell’arte: beffardo, pigro ma capace di insospettabili salti e danze acrobatiche se deve procurarsi quei cibi di cui è ghiotto. Varie città siciliane si contendono la sua nascita. Esiste anche Giufà, i cui racconti buffi sono riportati anche dall’etnologo Giuseppe Pitrè, noto studioso delle tradizioni siciliane.

L’artigianato della maschera da commedia riprende vita nel Novecento a ridosso dell’esperienza strehleriana. Amleto Sartori, scultore, re-inventa la tecnica di costruzione della maschera in cuoio su stampo di legno. La maschera, che insieme al costume caratterizza fortemente lo stile di recitazione, viene spesso ad essere sinonimo stesso di personaggio. È generalmente accettato che le maschere, il rumore, il colore e il clamore avessero avuto in origine lo scopo di scacciare le forze delle tenebre e l’inverno, e di aprire la strada per l’arrivo della primavera.

Il rito ambrosiano

Dove si celebra il rito ambrosiano, principalmente a Milano e dintorni, cambia giusto qualcosa. Il Carnevale finisce con la prima domenica di quaresima; l’ultimo giorno di carnevale è il sabato, quattro giorni dopo rispetto al martedì in cui termina dove si osserva il rito romano.

La tradizione vuole che il vescovo sant’Ambrogio fosse impegnato in un pellegrinaggio e avesse annunciato il proprio ritorno per carnevale, per celebrare i primi riti della quaresima in città. La popolazione di Milano lo aspettò prolungando il carnevale sino al suo arrivo, posticipando il rito delle Ceneri che nell’arcidiocesi milanese si svolge la prima domenica di quaresima. In realtà la differenza è dovuta al fatto che anticamente la quaresima iniziava dappertutto di domenica, i giorni dal mercoledì delle Ceneri alla domenica successiva furono introdotti nel rito romano per portare a quaranta i giorni di digiuno effettivo, tenendo conto che le domeniche non erano mai stati giorni di digiuno. Questo carnevale, presente con diverse tradizioni anche in altre parti dell’Italia, prende il nome di carnevalone.