Nell'Isola i problemi relativi all’alto costo per l’affitto degli immobili privati colpisce in particolar modo gli studenti
In Sicilia i problemi relativi alla mancanza di alloggi per studenti universitari o all’alto costo per l’affitto degli immobili privati a loro riservati sono sempre attuali. Il coordinatore dell’Udu – Unione degli universitari – di Catania, Damiano Licciardello, spiega come nel capoluogo etneo il problema vero e proprio riguardo agli affitti sia quello della qualità.
Caro affitti, la situazione a Catania
“A Catania abbiamo gli affitti più bassi rispetto al resto d’Italia – esordisce Licciardello -, dove sono molto più elevati rispetto ai redditi. Ma dobbiamo comunque relazionarle alle possibilità economiche delle famiglie, che sono più basse rispetto alla media nazionale. Quello che invece deve essere considerato è la qualità, in quanto gli studenti spesso non hanno contratto oppure sono rilegati a degli immobili scadenti. Ho avuto una riunione con il Sunia e stiamo proponendo una white list per mediare tra chi affitta e chi va ad abitare. Tutto questo verrà fatto sulla base delle possibilità economiche degli studenti e di chi va ad affittare. Riguardo ai finanziamenti ci aspettavamo molto di più perché questi fondi saranno gestiti prevalentemente da privati e non c’è nulla riguardo agli immobili pubblici. Ci sono però possibilità per l’Ateneo di lavorare su altre strutture, come quella dell’ex ospedale Tomaselli, che dovrebbe essere riutilizzato dall’Ateneo. Quello che ci preoccupa è che l’Ateneo non ha dato delle direttive chiare. Si sta provando a intavolare una discussione con il rettore assieme alla segreteria provinciale della Cgil di Catania”.
Caro affitti, a Palermo meno immobili disponibili
Il coordinatore dell’Udu di Palermo, Valerio Quagliano, dà un’idea relativa ai costi degli affitti e sottolinea come le case in affitto disponibili siano sempre meno. I limiti della mobilità in città completano il quadro.
“L’anno scorso gli affitti erano aumentati da 150 a 250 euro per una stanza – spiega Quagliano – e le case in affitto a disposizione sono di meno perché vengono usate come bed and breakfast. I fondi devono essere destinati all’aumento degli studentati per i posti letto, alla calmierazione del prezzo degli affitti e alle infrastrutture, mentre permangono i problemi sotto il profilo della mobilità, che rendono più difficile il raggiungimento delle facoltà per gli studenti da appartamenti lontani. L’unico vettore che funziona bene è il passante ferroviario. Abbiamo casi di ragazzi fuori sede di altre province che rimangono a casa e non possono seguire le lezioni”.
A Messina pochissimi affitti
A Messina non ci sono appartamenti in affitto e la conferma arriva dal coordinatore dell’Udu di Messina, Damiano Di Giovanni, che mostra i numeri relativi agli iscritti e ai fuori sede facendo anche eco a Quagliano sotto alcuni aspetti.
“L’Università di Messina ha circa 23 mila iscritti e di questi il 40-50 % – afferma Di Giovanni – sono pendolari o fuori sede. Aumentano anche gli studenti internazionali, che hanno redditi molto bassi. La quota di persone che usufruiscono dell’alloggio gratuito avendone diritto è molto bassa. I fondi devono essere destinati alla realizzazione di nuove residenze universitarie pubbliche e sulla calmierazione degli affitti, anche perché ci sono solo 278 posti su più di 3.800 fuori sede che hanno fatto richiesta. I fondi non sono nuovi perché erano già previsti dal Pnrr e sono usciti fuori dopo questa protesta. Chiediamo di attivare un tavolo a livello nazionale con la rappresentanza studentesca. Non ci sono appartamenti privati in affitto in città e c’è un contratto di locazione che l’Università di Messina ha stipulato con l’hotel Royal, che incentiverà un centinaio di posti letto in più, ma anche qui stiamo attenti perché dobbiamo capire quale sarà la quota riservata agli studenti gratuitamente”.