Caro carburante e tasse, Bivona: "Il vero speculatore è lo Stato"

Caro carburante e tasse, Bivona: “Il vero speculatore è lo Stato”

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Caro carburante e tasse, Bivona: “Il vero speculatore è lo Stato”

Giuseppe Bonaccorsi  |
domenica 03 Aprile 2022

Abbassare le tasse. Questo il punto fondamentale per contrastare il caro carburante secondo Diego Bivona, presidente di Confindustria Siracusa

Parla il presidente di Confindustria Siracusa, città col polo di raffinazione più grande del Sud: “Bisogna ridurre le tasse se ne vogliamo uscire”. Lo scandalo delle piattaforme per il gas bloccate dalla politica: “Paghiamo lo scotto di una mancanza di politica energetica a livello Paese”.

Presidente Diego Bivona come interpreta le parole del ministro per la Transizione energetica, Roberto Cingolani, sulle speculazioni in atto sulle risorse energetiche e i prodotti petroliferi?

Il presidente degli industriali della provincia di Siracusa, che nel suo territorio ha anche uno dei più grandi poli della raffinazione, a Priolo-Melilli, allarga le braccia e risponde di getto: “Ma il maggiore responsabile di questi costi è il governo…Circa il 58% del prezzo dei carburanti è formato da tasse, da accise, anche quella per la guerra in Etiopia del ’35. Ma il paradosso dei paradossi è che su queste accise si paga anche l’Iva al 22%”.

Quindi secondo lei il peggiore speculatore del prezzo al distributore è proprio lo Stato?

“Esattamente. Quindi appare inverosimile che venga dal governo un allarme simile, quando poi sappiamo tutti che gli altri governi mondiali stanno prendendo provvedimenti per contenere il pesante aumento del costo di benzina e diesel. E per essere maggiormente chiaro faccio un esempio: la benzina a Livigno costa 1,20 euro al litro e la differenza è che Livigno è porto franco. E allora di cosa stiamo parlando?”.

Noi in Sicilia, pergiunta, abbiamo un’aggravante: la benzina è ancora più cara di altre regioni d’Italia. Perché?

“I prezzi del greggio non sono in funzione alla posizione geografica. Il prezzo si forma in base al costo della materia prima e dei costi industriali della lavorazione e della raffinazione, quelli dei prodotti determinati dal mercato e poi del trasporto sino al distributore. Quattro le voci principali della formazione del prezzo: accise, iva, prezzo industriale e margine lordo”.

Il barile fino a qualche giorno fa era a 113 dollari. Adesso è sceso forse per il nuovo lockdown cinese…

“Il prezzo è molto fluttuante a seconda delle dinamiche mondiali. Ma addirittura gli espetti prevedono che nel giro di poco tempo, perdurando anche l’instabilità mondiale, potremmo arrivare sino a 200 dollari a barile”.

Ma allora come ne usciamo?

“Ne usciamo soltanto se il governo, che sta guadagnando una marea di soldi, riduce le tasse. Perché gli altri sono costi industriali fissati dal mercato. Per questo è abbastanza singolare che il ministro Cingolani abbia parlato di speculazioni…”.

Oltre al prezzo dei carburanti abbiamo poi lo scandalo delle piattaforme per il gas in Adriatico ferme anche per scelte ideologiche di certa politica. Ma anche in Sicilia le due piattaforme al largo di Ragusa, la Cassiopea e la Argo, non starebbero producendo a pieno ritmo. Voi industriali vi siete chiesti il perché?

“Vede, anche nel campo della transizione energetica alternativa noi paghiamo lo scotto di una mancanza di politica a livello di Paese. Al contrario di altri Stati che hanno considerato l’energia come uno strumento di grande importanza per la tenuta interna, noi non abbiamo dato questo valore all’energia perché siamo stati sempre convinti , a livello politico, che questa dovesse piovere dal cielo. Così oggi paghiamo anche la mancanza di un nucleare moderno che altri Paesi hanno, paghiamo la mancanza di rigassificatori. In Sicilia ne erano previsti due, ma non sono stati portati avanti. La Spagna ne ha 12. Manchiamo anche di collegamenti per avere il gas con altri paesi produttori, attraverso le Tap”.

Ma la scelta di non estrarre neanche il gas che abbiamo nel nostro sottosuolo non le appare fuori da ogni logica?

“È una scelta politica. Abbiamo i no Tap, i no rigas, i no Tav. Purtroppo la politica ha dato spazio a questi comitati e siamo rimasti indietro. Ora abbiamo addirittura anche i comitati no eolico e i no fotovoltaico, con le comunità che non vogliono, sui territori che amministrano, le centrali solari o le pale eoliche. Abbiamo considerato che l’energia dovesse venire da altri invece di muoverci verso una multi energy. E così siamo diventati ostaggio di altri territori esteri e, nel caso del gas, di un solo produttore che come si è visto adesso non dà affidabilità”.

Il ministro Di Maio che fa viaggi in continuazione, sostiene che entro due mesi non saremo più dipendenti dalla Russia…

“Ma sono viaggi della speranza, come quelli che si fanno a Lourdes, perché tutta questa disponibilità energetica in giro non c’è. Sarebbe meglio riattivare prima le nostre piattaforme e sfruttare quello che abbiamo nel nostro Paese, per ridare di nuovo capacità al made in Italy anche sotto il profilo energetico. Insomma – conclude il presidente degli industriali aretusei – è arrivato il momento di fare in fretta. Ma il governo sarà all’altezza?”.

Giuseppe Bonaccorsi

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