Il partito siciliano "diviso" si rivolge al Padre Azzurro Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia risponderà?
Questo deve essere l’incipit della lettera a Berlusconi scritta da Schifani e i dodici apostoli che hanno sposato, come un sol uomo, la sua causa di regicidio del Viceré Gianfranco Miccichè. L’invocazione a Silvio è di toglierlo da coordinatore di Forza Italia.
Anche perché si va al voto a Catania e Siracusa e temono scherzetti. Ai sensi dello Statuto di FI la delega per la presentazione delle liste ce l’ha il coordinatore, e loro questo non lo possono sopportare. Tanto da aver fatto ventilare di presentare delle liste Azzurri per Schifani, in caso continuasse Miccichè a essere il coordinatore. Ma in quel caso diventerebbero concorrenti e questo li metterebbe fuori dal partito. Pertanto visto che “Quello”, l’ormai odiato leader siciliano di FI, non si toglie dai maroni, si rivolgono al Padre Azzurro, Silvio da Arcore.
Ora mandare una lettera che evidenzi pubblicamente la frattura interna di Forza Italia non è mai – tanti sono i precedenti – una buona mossa per convincere Berlusconi. Il quale ha ormai chiaro da tempo il quadro siciliano, e se voleva intervenire lo avrebbe già fatto al momento della scissione in Assemblea regionale. Forse Silvio ha altri problemi? C’è lo scontro in politica estera con la Meloni, ci sono già divisioni nei gruppi parlamentari tra Senato e Camera, esodi verso FdI di parte della classe dirigente, è pure morto Costanzo. Ma gli frega così tanto al Cavaliere di separare dalla rissa un gruppo siciliano discolo in lite?
Forse no, che se la vedano tra loro, anche perché qualunque cosa lui faccia c’è un problema. In questi casi meglio non fare nulla. Ma le elezioni comunali di Catania? Certo per gli azzurri di Schifani Catania val bene una messa, ma ad Arcore conoscono altre capitali molto più importanti per farci una guerra, non certo la città etnea.
Non decidere spesso è una decisione. Litigate fra voi siculi, starà pensando, guardandosi le partite del Monza. Non è certo Catania che si occupa di leggi sulla giustizia o sulle telecomunicazioni. Scrivano alla Ronzulli, se vogliono, che c’è Meloni che va in giro per il mondo e non mi chiede nemmeno un consiglio. A me che sono stato il più amato statista italiano. Almeno una volta Schifani mi mandava le cassate del Bar Costa, ora con ‘ste letterine a Babbo Natale non è che mi prendono in giro? Me lo ha sempre detto Marcello che Babbo in siciliano non è un complimento.
Ma non è più semplice togliere Miccichè? L’ultima volta che lo feci quello fece vincere Crocetta, me lo ricordo bene, pensa Silvio, ci misi un tale Gibino come coordinatore e per poco il partito non spariva. Sai che faccio? Loro vogliono da me una parola definitiva, e io gli rispondo “che a megghiu parola è chidda ca un si rice”. Accussì mi diceva Marcello.
Così è se vi pare.