Caso Regeni, i pm, quattro 007 egiziani verso il processo, in Italia - QdS

Caso Regeni, i pm, quattro 007 egiziani verso il processo, in Italia

redazione web

Caso Regeni, i pm, quattro 007 egiziani verso il processo, in Italia

venerdì 11 Dicembre 2020

Il Pm, 'Venne seviziato per giorni con lame e bastoni'. Emessi quattro avvisi di chiusura delle indagini. La madre del ricercatore sottolinea, “La nostra ormai è diventata una lotta di civiltà. La Commissione chiarisca su zone grigie in Italia”. Il padre, “Via l’Ambasciatore”

“Niente ci ferma. La nostra lotta di
famiglia è diventata una lotta di civilità per i diritti umani, che è come se
agisse Giulio Regeni. Giulio è diventato uno specchio che riverbera in tutto il
mondo come vengono violati i diritti umani in Egitto ogni giorno”.

Lo ha detto ieri sera in conferenza
stampa alla Camera Paola Regeni, madre di Giulio nel giorno in cui la Procura
di Roma ha chiuso l’inchiesta sulla morte del ricercatore italiano.

I Pm hanno emesso avvisi di chiusura
indagini, che precedono la richiesta di processo, per quattro appartenenti ai
servizi segreti egiziani.

A rischiare il processo sono il
generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal
Sharif.

Quest’ultimo indagato, oltre al
sequestro di persona pluriaggravato contestato a tutti, è accusato di lesioni
personali aggravate (essendo stato introdotto il reato di tortura solo nel
luglio del 2017) e l’omicidio del ricercatore friulano.

Chiesta l’archiviazione invece per
Mahmoud Najem.

 “Per quest’ultimo – spiega una nota della
Procura di Roma – non sono stati raccolti elementi sufficienti, allo stato, a
sostenere l’accusa in giudizio”.

Le accuse variano dal sequestro di
persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni
personali aggravate.

Nell’atto di chiusura delle indagini i
pm parlano di sevizie durate giorni che causarono a Giulio Regeni acute
sofferenze fisiche messe in atto anche attraverso oggetti roventi, calci,
pugni, lame e bastoni.

Teste, vidi Giulio ammanettato e con
segni tortura

“Ho visto Giulio ammanettato a
terra con segni di tortura sul torace”.

E’ il racconto fornito da uno dei
cinque testimoni sentiti dai magistrati di Roma nell’ambito dell’inchiesta
sull’omicidio di Giulio Regeni. La sua testimonianza è stata citata oggi dal pm
Sergio Colaiocco nel corso dell’audizione davanti alla commissione di inchiesta
sulla morte del giovane ricercatore italiano. Ho lavorato per 15 anni nella
sede della National Security dove Giulio è stato ucciso – ha raccontato il
testimone -. E’ una villa che risale ai tempi di Nasser, poi sfruttata dagli
organi investigativi. Al primo piano della struttura c’è la stanza 13 dove
vengono portati gli stranieri sospettati di avere tramato contro la sicurezza
nazionale. Il 28 o 29 gennaio ho visto Regeni in quella stanza con ufficiali e
agenti. C’erano catene di ferro con cui legavano le persone, lui era mezzo nudo
e aveva sul torace segni di tortura e parlava in italiano. Delirava, era molto
magro. Era sdraiato a terra con il viso riverso, ammanettato. Dietro schiena
aveva dei segni, anche se sono passati anni ricordo quella scena. L’ho
riconosciuto alcuni giorni dopo da foto sui giornali e ho capito che era
lui”.

Mamma Regeni, Commissione chiarisca su
zone grigie in Italia

 “Chiediamo alla Commissione di inchiesta
di fare chiarezza sulle responsabilità italiane, ci riferiamo a tutte quelle
zone grige. Cosa è successo nei Palazzi italiani da quel 25 gennaio al 3
febbraio. Come mai Giulio, un cittadino italiano, non è stato salvato in un
Paese che era amico e che continua ad essere amico?”.

Lo ha detto Paola Regeni, madre di
Giulio, aggiungendo che “altrimenti tutti gli italiani che vanno
all’estero possono ben dire di non sentirsi sicuri”. “La stampa
‘buona’ lavori sull’Egitto, racconti l’Egitto, così aiutiamo anche popolo egiziano.
Fate giornalismo investigativo, chiedete ai politici ‘cosa state facendo?’,
“presidente Conte che sta facendo per la verità su Giulio? E il ministro
degli Esteri Di Maio? I rapporti bilaterali con l’Egitto sono divenuti sempre
più un’amicizia”.

Papà Regeni: ‘Via l’ambasciatore, è
servito solo per interessi’

Da quando nel 2017 è stato rinviato
l’ambasciatore italiano durante il governo Gentiloni “uno degli scopi era
la ricerca di verità e giustizia per nostro figlio Giulio. Purtroppo questo
punto è stato messo in secondo piano dando priorità alla normalizzazione dei
rapporti tra Italia ed Egitto e a sviluppare i reciproci interessi in campo
economico, finanziario e militare, vedi la recente vendita delle fregate, e nel
turismo, evitando di affrontare qualsiasi scontro. L’atteggiamento
dell’ambasciatore Cantini è una chiara dimostrazione di tutto ciò”.

Lo ha detto Claudio Regeni chiedendo
di “richiamare in Italia l’ambasciatore”.

“I diritti umani non sono
negoziabili con petrolio, armi e soldi. E questo ce lo dimostra la famiglia
Regeni. Vorremo la stessa fermezza e abnegazione da parte di chi ci governa,
affinché dimostrino che la giustizia non è barattabile. Questo è un punto di
partenza, ci sono voluti cinque anni”.

Lo ha detto in conferenza stampa alla
Camera l’avvocato Alessandra Ballarin, legale della famiglia Regeni.

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