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Catania sotto assedio: la città chiede sicurezza, la politica si divide sulle risposte

Catania sotto assedio: la città chiede sicurezza, la politica si divide sulle risposte
polizia catania (8)

L’omicidio di Corso Sicilia rischia di essere ricordato come l’ennesimo fatto di sangue. Ma potrebbe diventare anche il punto di svolta.

L’accoltellamento costato la vita ad Alessandro Indurre, 40 anni, davanti a un supermercato in corso Sicilia, non è solo l’ennesimo episodio di violenza. È il campanello d’allarme di una tensione che da tempo serpeggia per le strade di Catania, dove la microcriminalità e la criminalità organizzata sembrano sovrapporsi in un intreccio che soffoca la città. Una lite degenerata fino al sangue, diventa così il simbolo di un malessere profondo, che i cittadini percepiscono ogni giorno nei quartieri e persino nelle zone centrali.

Il grido d’allarme della politica

Non stupisce che le reazioni siano state immediate. Già ieri deputati, nazionali e regionali, il sindaco di Catania e il presidente del Consiglio comunale sono intervenuti sulla vicenda e sul tema sicurezza in città. I capigruppo di maggioranza al Consiglio comunale hanno invitato a non alimentare divisioni e strumentalizzazioni: “Serve responsabilità e collaborazione – hanno sottolineato –. Il Consiglio non deve fermarsi, ma continuare ad affiancare il sindaco Trantino, la Prefettura, la Questura e tutte le forze dell’ordine”. L’appello è chiaro: dare un’immagine di compattezza, evitare lo scontro politico e non indebolire ulteriormente le istituzioni locali. Il messaggio è arrivato in risposta ad un appello precedentemente pubblicato dal vice presidente vicario del Consiglio comunale di Catania, Riccardo Pellegrino.

Barbagallo (Pd): “Il Viminale ignora la città”

Ma dall’opposizione il tono è ben diverso. Il segretario regionale del Pd Sicilia, Anthony Barbagallo, parla senza mezzi termini di “problema enorme”: “A Catania si spara, si accoltella, la criminalità prova a riprendere il controllo del territorio. E il governo nazionale, con il ministro Piantedosi, continua a sottovalutare tutto questo”. Barbagallo ricorda che già lo scorso 8 maggio il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica aveva chiesto un’attività ispettiva in un comune della provincia. “Sono passati cento giorni – denuncia – e dal Viminale non si è mossa una foglia”. Da qui la decisione di chiedere in Commissione antimafia un focus specifico sull’emergenza sicurezza a Catania.

Codacons: “Serve anche l’Esercito”

A rincarare la dose è il Codacons, che raccoglie le paure dei cittadini e parla di “situazione insostenibile”. L’associazione chiede misure straordinarie: “Occorrono subito 200 nuove unità delle forze dell’ordine e l’impiego dell’Esercito, come già fatto in altre realtà urbane”, spiega. E annuncia la possibilità di una mobilitazione nazionale, fino a una marcia su Roma, se il governo non interverrà. Non solo: Codacons propone anche l’istituzione di un tavolo permanente sulla sicurezza che coinvolga Stato, Regione, Comune, forze dell’ordine e società civile.

Una città tra paura e rassegnazione

Intanto i catanesi continuano a convivere con la paura. Non è solo la cronaca nera a raccontarlo: basta percorrere le vie del centro per percepire un senso diffuso di insicurezza, alimentato da rapine, aggressioni, regolamenti di conti, episodi che si susseguono con una frequenza allarmante. E mentre i commercianti denunciano pressioni e il ritorno del pizzo, le famiglie chiedono più controlli nelle zone della movida, dove il confine tra svago e illegalità diventa sempre più sottile.

Un nodo che chiama Roma

Catania appare così sospesa tra la necessità di mostrarsi unita, come chiede la maggioranza in Consiglio comunale, e la consapevolezza che senza un intervento deciso del governo nazionale sarà difficile invertire la rotta. Perché le risposte spot – blitz, controlli amministrativi, verifiche sulle licenze – non bastano a fermare la sensazione di un piano inclinato che trascina la città verso il baratro.

L’omicidio di Corso Sicilia rischia di essere ricordato come l’ennesimo fatto di sangue. Ma potrebbe diventare anche il punto di svolta: il momento in cui Catania alza la voce, chiede sicurezza e pretende risposte. Non solo promesse.

(foto di repertorio)