La Cassazione ha confermato in via definitiva la pena dell’ergastolo nei confronti di Davide Garofalo, il “barelliere killer” accusato di aver ucciso tre malati terminali durante il tragitto in ambulanza dall’ospedale di Biancavilla alle loro abitazioni mediante delle iniezioni d’aria. Si chiude, così, il triste caso delle “ambulanze della morte”. L’inchiesta coordinata dalla Procura di Catania assunse rilievo nazionale grazie ad un servizio televisivo della trasmissione “Le Iene”. La decisione della prima sezione della Cassazione, come detto poc’anzi, rende irrevocabile la sentenza della Corte d’Appello di Catania: la condanna al carcere a vita è quindi definitiva.
Tra le parti civili presenti al processo — oltre ai familiari delle vittime — anche il Codacons e l’Associazione “Art 32-97, Associazione Italiana diritti del malato e del cittadino”, l’associazione Obiettivo Legalità ed ancora, Comune di Biancavilla e Asp di Catania.
Ecco come nacque l’inchiesta sulle “ambulanze della morte”
A far scattare le indagini erano state le testimonianze dei fratelli Luca e Giuseppe Arena, ex imprenditori di pompe funebri di Biancavilla che ebbero il coraggio di denunciare i clan mafiosi.
Secondo gli inquirenti veniva imposto ai titolari dell’agenzia di pompe funebri di proprietà dei fratelli Arena di cedere l’utilizzo gratuito e la gestione di un’autoambulanza intestata a uno dei fratelli, mediante l’uso di minacce su possibii danni ai beni aziendali dell’agenzia e di ritorsioni sul piano personale.
Le indagini svelarono i meccanismi delle pratiche mortali. Le iniezioni d’aria che provocavano infatti l’embolia nei malati terminali venivano fatte durante il tragitto verso casa. Gli omicidi di Salvatore Gagliano, Agatina Triscari e Salvatore Cadile contestati a Garofalo sono avvenuti tra il 2014 e il 2016. Ai parenti delle vittime le morti sarebbero state presentate come degli «aggravamenti improvvisi» di patologie già esistenti.
L’obiettivo, secondo quanto stabilito dall’autorità giudiziaria, era quello di guadagnare i 200-300 euro di “regalo” che la famiglia mafiosa gli avrebbe dato per la “vestizione” della salma. Soldi che sarebbero stati poi divisi con i clan criminali di Biancavilla e Adrano: il reato di omicidio contestato a Davide Garofalo, dunque, è risultato aggravato dall’agevolazione alla cosca mafiosa.
Per Agatino Scalisi condanna ridotta a 13 anni in appello
Agatino Scalisi, arrestato dai Carabinieri, è stato invece condannato per un solo omicidio (ai danni di un’anziana signora gravemente malata, che venne trasportata il 5 aprile del 2014 dall’Ospedale di Biancavilla alla propria abitazione ove giunse già morta).
Per lui in primo grado, con rito abbreviato, era giunta la condanna a 30 anni poi ridotta in Appello a 13 anni, un mese e 10 giorni dopo che il giudice aveva escluso l’aggravante del mezzo insidioso e riconosciute le attenuante generiche prevalenti sulle aggravanti.

