CATANIA – Al via l’European summer school in Experimental nuclear astrophysics, la scuola internazionale che ha scelto Catania come scenario per la sua 12esima edizione. Oltre cento studenti e ricercatori, provenienti da ogni parte del mondo, potranno assistere alle lezioni di scienziati di altro profilo e offrire il proprio contributo, presentando i loro risultati scientifici e instaurando rapporti di collaborazione per la loro carriera.
“Obiettivo tra i più importanti della nuova edizione di quest’iniziativa, che ha ormai una tradizione lunga e consolidata nel panorama europeo e internazionale, è proprio quello di puntare sulla formazione dei giovani dottorandi e ricercatori in questo particolare settore, il cui sviluppo ha significative ricadute anche per quanto riguarda l’innovazione e le tecnologie d’avanguardia in generale – spiega al Quotidiano di Sicilia il rettore dell’università di Catania, Francesco Priolo –. Mi congratulo perciò con i colleghi del dipartimento di Fisica, dell’Infn-Lns, del Centro Siciliano di Fisica Nucleare e Struttura della Materia e delle altre istituzioni coinvolte per aver reso ancora una volta Catania la ‘capitale’ di questa disciplina e la vetrina più prestigiosa per tutti i giovani scienziati provenienti da ogni parte del mondo”.
I Laborataori nazionali del Sud solido punto di riferimento
I Laboratori nazionali del Sud si confermano dunque un solido punto di riferimento nel panorama scientifico mondiale. ”Non è un caso che la scuola si svolga a Catania – fa sapere Santo Gammino, direttore di Infn-Lns –. Molte delle edizioni sono state fatte in Sicilia perché i due animatori di questo campo di ricerca, un tedesco e un italiano, hanno sempre lavorato nei nostri laboratori proprio per la tipologia di ricerca, per la disponibilità infrastrutturale e di attività sperimentali che offrono. Inoltre la comunità è cresciuta, fino a diventare un centro propulsore a livello internazionale, attorno a un’idea chiave: il metodo del Trojan Horse, sviscerato dagli astrofisici nucleari catanesi, a partire dall’idea del professore Claudio Spitaleri. Non siamo sicuramente i migliori in tutto, ma abbiamo in alcuni campi una paternità e una tracciabilità riconosciuta universalmente”.
La speranza del direttore è che dagli stessi laboratori, in un giorno non troppo lontano, esca un contributo determinante l’intera umanità: “L’attualità di questo tema di ricerca risiede soprattutto nella sua stretta connessione con il tema energetico – aggiunge –. Chissà che da questi giovani che stiamo ospitando vengano fuori delle idee chiare per il futuro di un mondo in cui l’energia sia un fattore democratico e di sviluppo, non di guerra e conflitti come purtroppo è stato per il petrolio”.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza riconosce l’importanza delle materie Stem – di cui la fisica nucleare e l’astrofisica fanno parte – per lo sviluppo socio-economico del Belpaese. Queste sembrano statisticamente offrire a uomini e donne percorsi di carriera maggiormente retribuiti e stabili; tuttavia, secondo i dati di Openpolis, la presenza femminile vale meno del 30% dei laureati in materie scientifiche.
“Non promuoviamo le quote rosa, ma cerchiamo di rimuovere le difficoltà per far alzare la partecipazione delle donne che desiderano intraprendere questa carriera – riferisce Santo Gammino –. Il problema è di natura sociale: per far ricerca ad altissimi livelli, serve un tessuto sociale adeguato. Se le donne nella prima fase della loro carriera, che spesso coincide con quella in cui nascono i figli, non ricevono un supporto adeguato dalla società, non riescono a ottenere gli stessi risultati degli uomini. L’obiettivo dev’essere quello di creare le condizioni affinché tutti possano dedicarsi alla ricerca, facendo della famiglia un incentivo e non una limitazione”.
Poche donne laureate in discipline Stem
Le poche donne laureate in discipline Stem partirebbero da un trattamento economico uguale a quello maschile, ma più difficile da far crescere nel tempo. “I ricercatori e le ricercatrici sono per lo più dipendenti pubblici e, come tali, percepiscono gli stessi compensi. All’interno delle industrie, poi, vengono premiati per le loro competenze e per i risultati raggiunti e, per questo, possono permettersi di lavorare per il miglior offerente – precisa –. La differenza tra uomo e donna però la si vede nella progressione di carriera, per assenza di servizi. In Europa la sensibilità è aumentata, ma qui in Italia siamo molto indietro: si sostiene di voler contrastare la denatalità, senza creare le condizioni di stato sociale che possano incentivare le nascite e la crescita economica del Paese. Se le donne fossero utilmente impiegate a lavoro in modo degno, il Pil salirebbe del 30%. Senza supportare adeguatamente il lavoro femminile stiamo dunque facendo il nostro male”.
Alle difficoltà sociali si aggiungerebbero quelle culturali
“Spesso si considera la laurea Stem come qualcosa da uomini. Un retaggio culturale antico che ci vorrà qualche decennio per superare, come accaduto per altre carriere – conclude –. Bisogna creare delle politiche attive non legate alle quote rosa: se le donne sanno fare meglio degli uomini, devono poter fare più di loro. Per alcune tipologie di attività riconosco loro una capacità di visione a più ampio spettro e su un orizzonte temporale maggiore”.

