Catania, ex Santa Marta, via alla demolizione - QdS

Catania, ex Santa Marta, via alla demolizione

Melania Tanteri

Catania, ex Santa Marta, via alla demolizione

martedì 26 Gennaio 2021

Partiti i lavori per abbattere la struttura che ingabbia l’antico ospedale del 1755, un edificio storico in stile vaccariniano. Plauso delle associazioni che però criticano l’idea di costruire enormi pilastri di cemento

CATANIA – La notizia era attesa da tempo in città. Sin da quando il nosocomio situato al culmine della salita di Sangiuliano è stato dismesso ed è ritornato nel patrimonio della Regione. È cominciata ieri mattina la demolizione degli immobili dismessi (risalenti agli anni 50-60) dell’ex ospedale Santa Marta di Catania. Un’operazione propedeutica al risanamento di questa zona del quartiere Antico Corso.

La riqualificazione del Santa Marta, antico ospedale fondato nel 1755 come lazzaretto per la cura dei malati incurabili, è stata presentata sabato scorso dal presidente della Regione Nello Musumeci e dall’assessore alla Salute Ruggero Razza, insieme al sindaco di Catania Salvo Pogliese e all’assessore comunale all’Urbanistica, Enrico Trantino, che hanno illustrato il progetto per “liberare” l’edificio settecentesco in stile vaccariniano delle superfetazioni realizzate negli anni Cinquanta e Sessanta e restituirlo alla città, insieme a un’ampia area pubblica. “Una grande piazza verde, con spazi per il relax, aree giochi per bambini e per il fitness, energeticamente autonoma”, si legge nella nota stampa inviata da Palazzo D’Orleans.

L’intervento, finanziato con due milioni e 330 mila euro dalla Regione, punta alla valorizzazione e alla riqualificazione non solo dell’ex presidio ospedaliero Santa Marta-Villermosa ma dell’intero quadrilatero di quasi 4 mila metri quadrati che sorge tra via Gesualdo Clementi e via Bambino. In circa 90 giorni, saranno abbattuti oltre 33 mila metri cubi di fabbricato, 11 mila metri quadrati di pavimenti e rivestimenti, più di due chilometri di tubazioni di scarico e 2.600 metri quadrati di infissi.

“Al posto del fabbricato dismesso, risalente agli anni 50-60, sarà realizzata una piazza e tornerà visibile il prospetto del settecentesco palazzo e del giardino interno. L’edificio del settecento, invece, quando sarà restaurato, potrà ospitare uffici pubblici. I lavori sono coordinati dal Genio civile di Catania, guidato dall’ingegnere Natale Zuccarello – prosegue la nota. Il progetto, redatto dall’architetto Giuseppe Scannella, punta a restituire decoro e fruibilità a questa parte del rione Antico Corso, avviando un’opera di riqualificazione del quartiere del centro storico etneo in cui sono stati dismessi vari plessi ospedalieri”.

Un percorso di rigenerazione urbana salutato con entusiasmo dalla città anche se, qualcuno, dopo aver visto il rendering della futura piazza, ha chiesto correttivi, avanzando dubbi proprio sulla nuova piazza che, secondo il progetto, sarebbe contornata da pilastri, per ricordare l’edificio che, a breve, sarà demolito. Come i rappresentanti del gruppo pubblico “Centro storico pedonale”. “Demoliamo la sovrapposizione moderna degli anni ’60 per metterne un’altra? Il prospetto sulla storica via A. Sangiuliano ci sembra un po’ discutibile – scrivono.

Il riferimento è al dettaglio del progetto relativamente al prospetto su via Clementi. “Gli alti pilastri su via Clementi, rivestiti in pietra bianca e lavica, reinterpretano i caratteri decorativi del barocco, ma diventano anche funzionali al sostegno della copertura in vetro fotovoltaico – si legge nella scheda. Oltre questa “cortina” si apre il giardino e sullo sfondo appare il prospetto dell’edificio settecentesco attribuito alla scuola vaccariniana. Il contrasto antico/moderno, da opzione possibile, sembra ormai diventato un obbligo. E invece non è così, specialmente in pieno centro storico, lo dimostrano le bellissime piazze Università e Duomo realizzate nel 2005”.

Ed è questo l’aspetto su cui si è sollevato Centro storico pedonale ma anche Legambiente Catania. Quest’ultima lamenta il mancato coinvolgimento della cittadinanza. “Ormai da anni l’Unione Europea promuove pratiche partecipative che hanno avuto un forte impatto sul DNA di molte istituzioni e organizzazioni culturali in Europa – scrivono i rappresentanti dell’associazione etnea. Non c’é progetto, finanziamento in Europa che non preveda oggi la partecipazione dei cittadini come condicio sine qua non”.

“All’insegna del ‘creare insieme al pubblico’ invece di ‘creare per il pubblico’ si è mossa ogni amministrazione di ogni città di tutta Europa. La Regione fa eccezione. Un progetto “calato” dall’alto senza consultazione di cittadini, organismi sociali, enti, università, ordini professionali, residenti, stakeholders. Un progetto, fra l’altro, inutilmente invasivo – concludono – esageratamente imponente, obiettivamente fuori misura e con tanto cemento superfluo”.

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