CATANIA – Non si capisce se si tratti di uno di quei casi in cui un oggetto è talmente conteso da finire per essere trascurato da chiunque vorrebbe rivendicarne la primogenitura oppure, se più semplicemente, l’interesse è realmente scemato, anche considerato il momento attuale che a molti sconsiglia uscite pubbliche. Comunque la si legga, la vicenda della mancata – almeno per ora – inaugurazione della nuova piazza Santa Marta a Catania è strana. Questa testata nei giorni scorsi aveva annunciato la data dell’1 agosto come quella in cui lo spazio realizzato in seguito alla demolizione dell’omonimo ospedale sarebbe stato dato alla cittadinanza. Le voci provenienti dall’interno dell’assessorato regionale alle Infrastrutture davano tutto per fatto. Poi, però, sono seguiti distinguo e perplessità, veicolate per le vie informali, fino a far saltare quello che si dava per sicuro.
Saltata la data dell’inaugurazione
In questa vicenda i punti certi sono due. Il primo è che ieri non si è tenuto nessun taglio del nastro. A far capire che non si è trattato di un contrattempo improvviso sono diversi elementi: non sono state fornite spiegazioni da nessuna delle istituzioni coinvolte – la Regione come soggetto che ha finanziato i lavori e seguito la loro realizzazione, il Comune come futuro ente gestore – né sono state diffuse informazioni relative alla data in cui i catanesi e i turisti che affollano la zona tra piazza Dante e la parte alta di via Sangiuliano, a pochi passi dal monastero dei Benedettini, potranno vivere il nuovo spazio.
Piazza Santa Marta è pronta
Il secondo punto, invece, riguarda le condizioni dei lavori: piazza Santa Marta è pronta e potrebbe essere aperta in qualsiasi momento. Perché allora non è ancora avvenuto? Chiedere ai diretti interessati, per le vie ufficiali, è pressoché inutile: dalle parti di Palazzo d’Orleans, sede del governo regionale, si suggerisce soltanto di attendere comunicazioni ufficiali, a Palazzo degli Elefanti, invece, ci si limita a ricordare che quest’opera non vede il Comune direttamente coinvolto. Ciò che si può fare allora è ripercorrere le tappe principali di una storia durata più del previsto, se si considera che le opere sarebbero dovute essere completate già nella primavera dello scorso anno. Un tempo in cui inevitabilmente sono cambiati parecchi dei volti di coloro che – a Palermo e Catania – guidano le istituzioni.
Era la fine di gennaio del 2021, quando il governo regionale guidato da Nello Musumeci presentò nella sede dell’ex Palazzo Esa di Catania il progetto curato dall’architetto Giuseppe Scannella: una grande piazza con tanto verde e spazi in cui trascorrere il tempo libero, autonoma dal punto di vista energetico e delimitata da un colonnato. Le polemiche sulla scelte estetiche non tardarono e negli anni successivi porteranno a rivedere il progetto, ma quel giorno a condividere l’entusiasmo per la futura opera furono un po’ tutti: oltre al governatore Musumeci, c’erano anche l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, il sindaco Salvo Pogliese ed Enrico Trantino, all’epoca assessore comunale all’Urbanistica.
Dovranno passare quasi due anni, per arrivare all’annuncio dell’indizione della gara d’appalto per l’affidamento delle opere: il bando viene pubblicato a novembre 2022, quando la scena politica a Palermo è cambiata. Al posto di Musumeci, volato a Roma per fare il ministro del governo Meloni, a Palazzo d’Orleans arriva Renato Schifani e la Sicilia, pur rimanendo saldamente in mano al centrodestra, passa da un governo a guida Fratelli d’Italia a uno trainato da Forza Italia. Nella Capitale si sposta anche Salvo Pogliese, che dopo la sospensione da sindaco di Catania, per gli effetti della legge Severino dopo la condanna in primo grado per peculato, trova posto alla Camera.
La gara d’appalto, intanto, viene vinta dalla Polis Group di Paternò. A marzo 2023 – pochi mesi prima che Enrico Trantino diventi sindaco di Catania – è la Regione ad annunciare l’avvio del cantiere. Sulla carta i lavori sarebbero dovuti durare 350 giorni, ma una serie di eventi – tra cui i problemi con l’attivazione delle utenze acqua e luce nel momento in cui ci si è accorti che l’area risultava ancora in capo all’Azienda sanitaria Policlinico Rodolico-San Marco – fanno sì che il termine venga ampiamente disatteso.
Al traguardo, tuttavia, si riesce comunque ad arrivare: senza il colonnato sgradito a molti e forse con meno verde di quello che ci si attendeva, la piazza Santa Marta da qualche settimana sarebbe pronta a essere vissuta, offrendo sullo sfondo il palazzo settecentesco che molti catanesi non avevano mai visto per via della presenza del vecchio ospedale e che dovrebbe diventare sede della Soprintendenza.
Il condizionale però irrompe sulla scena. Se la piazza è pronta, altrove – non è chiaro cosa – non lo è. Per chi fa politica il taglio dei nastri è tra i momenti più desiderati: consegnare opere, specialmente in una terra come la Sicilia dove l’ordinario finisce per diventare straordinario, è il modo migliore per curare il consenso. Stavolta, però, così non sembra essere. O meglio, qualcosa pare avere inceppato la macchina.
Non si comprende più se l’attesa serva per assicurare a tutti la possibilità di esserci o, al contrario, superare la ritrosia di chi quella piazza l’aveva immaginata in una certa maniera e ora quasi non ci si riconosce più. A microfoni spenti c’è chi si chiede se gli attualissimi scompensi interni alla politica siciliana, con le indagini per corruzione e peculato che toccano pezzi da novanta di Fratelli d’Italia, l’uscita dal partito di Manlio Messina, l’attesa per ciò che sarà dello scandalo Cannes e certe turbolenze interne al centrodestra all’Ars non smorzino la voglia di sorridere a favore di telecamera dietro a un nastro da tagliare. Se a ciò si aggiunge che dalle parti di Palazzo degli Elefanti c’è chi ricorda che l’intera vicenda non riguarda il Comune, l’assist per l’opposizione è servito.
“Una piazza che doveva essere pronta un anno fa rimane ancora inspiegabilmente chiusa al pubblico – dichiara la consigliera del Movimento 5 Stelle, Gianina Ciancio –. L’intervento, è bene ricordarlo, non era stato condiviso con nessuno, come del resto tutti quelli sugli ospedali dismessi, e aveva suscitato fin dagli albori aspre polemiche. Molti si ricorderanno di come il progetto iniziale fosse molto diverso da quello attuale, con meno verde e più cemento, per poi essere cambiato in fretta e furia per evitare una sollevazione popolare”.
“Il risultato – continua l’esponente pentastellata – non è il massimo ma dobbiamo accontentarci e del resto il centrodestra ci ha abituato a vedere l’ordinario come straordinario. Nonostante questo, si perde ancora tempo. Cosa aspetta il governo regionale a restituire questo spazio ai catanesi? Forse le vicende giudiziarie degli ultimi giorni stanno provocando imbarazzi e ostacoli nella normale amministrazione?”

