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Dal ragazzo disabile investito alle minacce a Trantino, Anastasi al QdS: “Catania, non basta indignarsi. Ecco cosa serve”

Dal ragazzo disabile investito alle minacce a Trantino, Anastasi al QdS: “Catania, non basta indignarsi. Ecco cosa serve”
Il presidente del Consiglio comunale di Catania Sebastiano Anastasi

Il presidente del Consiglio comunale, Sebastiano Anastasi, è intervenuto ai microfoni del QdS.it lanciando un appello.

Negli ultimi giorni Catania è stata scossa da una serie di episodi che hanno riacceso il dibattito sulla sicurezza urbana e sul degrado civile. Dall’investimento di un giovane sulle strisce pedonali, lasciato a terra dai responsabili con una banconota in mano, fino alle minacce rivolte al sindaco Enrico Trantino per le misure adottate contro la sosta selvaggia, la città si ritrova a fare i conti con una tensione crescente. Segnali diversi, ma che raccontano un disagio comune: quello di una comunità che fatica a riconoscersi nei valori minimi della convivenza. Su questi temi è intervenuto ai microfoni del QdS.it il presidente del Consiglio comunale, Sebastiano Anastasi, lanciando un appello accorato alla responsabilità collettiva e proponendo una riflessione a tutto campo sul rapporto tra istituzioni e cittadini.

“Non basta indignarsi, serve una rete vera”

Catania è rimasta colpita da un fatto di cronaca che ha lasciato indignati: un giovane di 36 anni, persona fragile ma determinata a costruire la propria autonomia, è stato investito lungo la circonvallazione mentre attraversava sulle strisce pedonali. I tre occupanti dell’auto non solo non hanno prestato soccorso, ma lo hanno abbandonato davanti a una cooperativa, lasciandogli in mano 20 euro prima di fuggire. Il giovane è ora ricoverato con fratture ai piedi, ma non è in pericolo di vita.

Il presidente del Consiglio comunale, Sebastiano Anastasi, ha commentato l’episodio partendo da un’analisi più ampia: “Non è solo un problema di Catania, ma di tante grandi città, da Milano a Napoli. Qualcosa non sta funzionando, né sul piano culturale né su quello repressivo. Serve una normativa più incisiva, anche scomoda, che colpisca chi, ad esempio, percepisce benefici pubblici e si rende protagonista di certi crimini”.

Ma Anastasi ha posto l’attenzione anche su un problema più profondo, quello culturale: “La società marginalizza i fragili. Non voglio dire che il Comune li trascuri, anzi ci sono molte iniziative. Ma nella cultura collettiva non c’è più l’attenzione di un tempo. Quando sento frasi come ‘tanto quelli non pagano le tasse’ o ‘hanno già le pensioni’, mi vengono i brividi. Frasi che una volta erano rare, oggi diventano luogo comune. È un segnale grave”.

Le nuove generazioni e il vuoto intermedio

Anastasi ha poi lanciato uno sguardo alle scuole e ai giovani: “I ragazzi delle scuole, quelli più giovani, sono sensibili, inclusivi, attenti. Il problema è che tra loro e chi ha responsabilità adulte si è creato un vuoto sociale che dobbiamo colmare. Bisogna ricostruire un dialogo forte con quella fascia intermedia che oggi vive spesso spaesata”.

“Per questo – ha aggiunto – il Consiglio comunale lavora ogni giorno per migliorare le delibere, sostenere l’amministrazione e approvare tutti gli interventi che riguardano i fragili e il welfare. Inoltre, da tempo propongo di avviare gli Stati Generali sulla Sicurezza. Un tavolo ampio, che coinvolga scuole, parrocchie, sindacati, volontariato, mondo del sociale. Alcune città sono riuscite, grazie a questo metodo, a ridurre condizioni di degrado profondissimo e a ritrovare una normalità che sembrava perduta”.

“Minacce al sindaco, una ferita alla città intera”

Anche il secondo caso che ha colpito l’opinione pubblica – le minacce al sindaco Enrico Trantino – è stato oggetto di riflessione da parte di Anastasi. “Quando ho visto quel video mi si è stretto lo stomaco – ha ammesso il presidente del Consiglio comunale -. Non ho pensato solo a lui, ma ai suoi familiari. Chi non è dentro la politica vive queste cose con angoscia. È una sensazione terribile. La paura è umana, come dicevano Falcone e Borsellino. La vera forza è non lasciarsi paralizzare da quella paura”.

Secondo Anastasi, il problema è più profondo del singolo episodio: “Non mi ha sorpreso quel linguaggio, purtroppo. È il linguaggio che sentiamo ogni giorno. I social hanno accelerato tutto. WhatsApp, TikTok, Instagram diffondono la violenza verbale a una velocità incontrollabile. E non sempre la politica ha dato il buon esempio. A volte anche noi, pur senza volerlo, abbiamo contribuito ad alzare i toni. Il problema è che chi sta fuori, chi non conosce i meccanismi interni, recepisce solo odio”.

“Comuni con le ali tarpate, e il cittadino non capisce più”

Anastasi ha voluto poi allargare lo sguardo al ruolo delle istituzioni locali, sempre più in difficoltà nel dare risposte concrete. “Il cittadino vuole risposte. Ma un Comune oggi non può più darle con tempestività. Non può sforare il Patto di stabilità, non può fare debito buono per investire. Non può nemmeno usare fondi vincolati – come la tassa di soggiorno – per asfaltare una strada. E la gente, comprensibilmente, non capisce. Si crea uno scollamento pericoloso tra città e palazzo”.

“Facciamo eventi con i fondi del turismo e ci viene chiesto perché non si riparano le buche. Ma quei fondi non si possono usare per altro. Intanto mancano risorse per mettere una telecamera in più, per ripulire una discarica abusiva, per garantire il decoro che i cittadini giustamente pretendono”.

L’appello: “Serve autocritica, ma anche equilibrio”

“È giusto fare autocritica per gli errori del passato – ha concluso Anastasi – ma non possiamo trasformare tutto in attacco alla classe politica. Il sindaco non è un burocrate. È stato scelto per governare una città, non per gestire limiti imposti da leggi che tolgono strumenti e risorse. Dobbiamo riscoprire un equilibrio: chiedere conto a chi amministra, certo, ma senza alimentare odio, senza creare bersagli umani. Perché se si spezza il dialogo tra cittadini e istituzioni, a pagarne il prezzo è tutta la comunità”.