CATANIA – Dalla zoppa ripartenza post lockdown ai pagamenti della Pubblica amministrazione in ritardo. Dalla zona industriale allo smart working, passando anche dalle proposte di Confindustria per la ripresa economica del Paese e in particolare del Sud. Ne abbiamo parlato con Antonello Biriaco, presidente di Confindustria Catania.
Il periodo di lockdown ha molto influito sul sistema produttivo, in particolare al Sud e quindi anche a Catania, che già partivano da una situazione di arretratezza. La ripresa inizia a vedersi o è ancora lontana?
“La situazione catanese è tra luci e ombre. Ha la fortuna di essere sede di investimenti da parte delle multinazionali e grazie a loro riusciamo a tenere un certo tipo di mercato. Parallelamente abbiamo le piccole e le medie aziende che soffrono di più. Nel periodo del lockdown abbiamo avuto circa il 55 per cento delle aziende chiuse e la ripartenza è molto complicata. Nei mercati interni la domanda non c’è. Lo Stato, inoltre, non aiuta. I bonus a pioggia sono stati solo un panno caldo. Anche i debiti nei confronti dello Stato sono stati solo posticipati e non c’è stato quel congruo fondo perduto che avevamo chiesto insieme all’allungamento del periodo di ammortamento e di restituzione”.
Oltre agli interventi statali, c’è anche il ruolo del Governo regionale.
“La Regione è parte importantissima per tanti possibili sviluppi. Abbiamo una interlocuzione valida, positiva e proficua, specialmente con l’assessore Falcone, ma serve che tutto il sistema remi dalla stessa parte. Ahimè molte volte non è così. Rimandare alcune scelte può essere causa di danni seri che possono minare il futuro del territorio e del tessuto imprenditoriale di questa terra. Specialmente della parte orientale, che è il vero polmone del Pil della Sicilia”.
Cosa pensa dello smart working per i dipendenti. Aiuta o è deleterio?
“Come ogni cosa va usato nella maniera giusta. Ha la stessa efficienza e in alcuni casi superiore alla presenza in azienda. Sono contento di questo strumento, però a livello sociale e umano, il rapporto in presenza non può essere messo in secondo piano”.
Tante aziende catanesi aspettano i pagamenti da parte del Comune di Catania in dissesto. Come Confindustria state spingendo affinché i Commissari liquidatori accelerino con la loro attività?
“Non sono molte le aziende da noi rappresentate che vantano crediti verso il Comune di Catania. Indubbiamente, e vale per tutti, i tempi di attesa della Pubblica amministrazione sono inidonei e assurdi. Questo porta alla mancanza di liquidità e a trovarci fuori dal contesto europeo, a maggior ragione in Sicilia. Se pagassero in tempo avremmo un gettito tale da fare salire il Pil di qualche punto”.
Nella Zona industriale, oggi divenuta Zes, continuano a mancare servizi essenziali come l’acqua. In trent’anni non è cambiato nulla, quale molla deve scattare perché le cose cambino davvero?
“Oggi abbiamo fatto dei passi avanti perché finalmente abbiamo un interlocutore. Prima le competenze erano di quattro o cinque enti. Anche a livello dei servizi è migliorata qualcosa, come per le strade che non sono più trazzere e gli allagamenti sono un po’ meno frequenti. Desideriamo solo la normalità dei servizi anche perché abbiamo tante eccellenze lì. Diciamo che siamo sulla buona strada”.
Confindustria Catania sposa totalmente la linea del presidente nazionale Bonomi o aggiungerebbe qualcosa per le specifiche esigenze del territorio?
“Concordiamo totalmente e ribadiamo la necessità di un’Italia che sia infrastrutturata alla stessa maniera. La ripresa del Sud significa la ripresa dell’Italia”.
Quindi crede che sia giunto il momento di investire di più nel nostro territorio per mettersi in pari con il Nord?
“Assolutamente sì, specialmente con le infrastrutture. È assurdo che impieghiamo tre ore per fare Palermo-Catania”.