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Catania, la strategia del Questore contro usura ed estorsione: “Ecco su cosa puntiamo”

Catania, la strategia del Questore contro usura ed estorsione: “Ecco su cosa puntiamo”
Questore di Catania Giuseppe Bellassai

Il Questore di Catania, intervistato dal QdS: “In città una Magistratura attenta contro il crimine”

CATANIA – Combattere la criminalità rafforzando il legame di fiducia tra cittadini e Stato. E, ancora, sollecitare le vittime di usura ed estorsione a denunciare i propri aguzzini, perché “non sono sole” nella lotta al malaffare. È questa, secondo il Questore di Catania, dott. Giuseppe Bellassai, intervistato dal Quotidiano di Sicilia, la “ricetta” giusta per contrastare le attività malavitose ai piedi dell’Etna, dove la mafia fa sentire la propria presenza in maniera costante e pervasiva, più che in altre aree dell’Isola. Proprio a Catania e provincia le denunce di usura si mantengono su numeri bassissimi, quasi inesistenti, così come ha evidenziato di recente la Commissione parlamentare antimafia che nella Prefettura etnea, lo scorso settembre, ha tenuto una delle sue ultime sedute puntando i fari sul problema.

“In effetti ci sono poche denunce di usura, così come sono relativamente poche quelle di estorsione”, ammette il Questore etneo. “Riguardo l’estorsione mi sento di fare, però, delle considerazioni parzialmente diverse rispetto all’usura. L’estorsione generalmente è un reato collegato ad organizzazioni criminali, mafiose. In questo senso, si deve ritenere – l’esperienza me lo fa dire – che dietro alla mancanza di denunce c’è generalmente la paura da parte dell’imprenditore estorto. Per quanto riguarda l’usura la situazione è più articolata”.

“Il settore dell’usura è, infatti, una delle fonti di reddito delle organizzazioni mafiose, però c’è un’usura, quella cosiddetta di vicinato, che ha delle caratteristiche totalmente diverse. È la forma di ‘prestito’ a cui ricorrono coloro che hanno dei bisogni primari da soddisfare e che tentano di risolvere i problemi di carattere finanziario rivolgendosi a soggetti che fanno parte del contesto territoriale in cui vivono e abitano e che hanno una disponibilità di denaro che offrono ad altissimi tassi di interesse”.

“In questo caso – aggiunge -, più di quanto non accada per i prestiti concessi a tassi usurari dalle organizzazioni mafiose, c’è la tendenza da parte dell’usurato di guardare allo strozzino come a una figura benevola. Ciò induce vieppiù l’usurato a non denunciare. Si tratta di fenomeno molto diffuso, specialmente in periodi, come l’attuale, in cui si vive una difficoltà economica da parte di molti soggetti. I dati generali attestano questo tipo di difficoltà; in questi casi, il fenomeno diventa difficilmente aggredibile in quanto manca la denuncia da parte della vittima che è, invece, diventa determinante per riuscire a risalire alle responsabilità dell’usuraio”.

Il muro della paura è ancora difficile da buttare giù

Come detto in precedenza, il muro della paura è ancora difficile da buttare giù. “Nel caso dell’usura di vicinato il muro è difficile da abbattere poiché si crea questo rapporto quasi interpersonale, confidenziale, persino di riconoscenza immotivata; almeno finché l’usurato non si rende conto che gli interessi che paga sono alti a tal punto da trovarsi nell’assoluta difficoltà di restituire le somme e di dover cedere parte delle sue proprietà”, sottolinea il Questore.

“Le organizzazioni criminali che fanno usura chiaramente fondano la loro forza sulla violenza e sull’intimidazione. Soprattutto in quei contesti territoriali nei quali esse hanno dato e danno prova di reagire attentando alla incolumità fisica dell’usurato o dell’estorto o ponendo in essere atti intimidatori che, spesso, producono un danno gravissimo alla vittima, in tal modo mantenendo viva la paura”, evidenzia Bellassai.

Ma cosa si può fare per superare questa paura?

Ma cosa si può fare per superare questa paura? “Guardi, faccio riferimento alla mia esperienza professionale maturata in campo investigativo, ma in contesti diversi da quello etneo dove, va detto, la criminalità organizzata è meno pervasiva pur esistendo clan mafiosi vivaci ed efferati”, risponde Bellassai.

“Quell’esperienza mi ha dato modo di verificare che gli imprenditori taglieggiati hanno mostrato apertura nei confronti delle Forze dell’Ordine quando si è creato un solido rapporto di fiducia, presupposto indispensabile per ottenere la collaborazione delle vittime”.

Serve fare capire alla vittima che non è sola

Quindi, serve fare capire alla vittima che non è sola. Ma, evidentemente, serve creare un collante tra cittadini e forze dell’ordine. “Ritengo che la prima cosa sia quella di stare vicino alla vittima, ma serve anche fornire ai cittadini in generale, e in particolar modo a chi ha un’attività, industriale piuttosto che commerciale, la certezza che gli organi investigativi sappiano operare con efficacia. Non è un percorso che si può realizzare in un attimo, piuttosto un processo articolato e lungo”, sottolinea Bellassai.

A Catania questo percorso è stato intrapreso da tempo. Da un lato, c’è una Magistratura sempre molto attenta alle dinamiche delle organizzazioni criminali. Dall’altro, ci sono le Forze dell’Ordine che hanno dimostrato, nel tempo, di essere performanti. Quello catanese è un sistema criminale veramente importante – prosegue -, che conta su una molteplicità di organizzazioni criminali particolarmente agguerrite. Alcune di queste stanno dentro Cosa nostra, mentre altre si pongono fuori”.

Tornando alle intimidazioni delle organizzazioni criminali a danno dei cittadini, si può dire che esse rappresentano anche un’espressione del controllo del territorio. “Non si tratta di una scoperta. Per le organizzazioni criminali il controllo è di assoluta importanza”, mette in guardia Bellassai. “Esse, ahimè, negli ultimi trent’anni si sono rafforzate anche nella misura in cui hanno elevato il loro target. Ora le organizzazioni puntano ai grandi affari. Certamente, oggi molto più che in passato guardano al riciclaggio di capitali. Ma, allo stesso tempo, non possono arretrare sul controllo del territorio perché da quello riescono a trarre quei proventi illeciti che servono a fare muovere un sistema, anche questo molto complesso e articolato”.

“Il controllo del territorio rimane, quindi, fondamentale. Se lo perdessero, perderebbero forza e quella capacità di intimidazione che, invece, devono mantenere ‘intatta’ nei confronti del cittadino”, conclude il Questore.