Gli scavi archeologici in corso in diversi punti della città hanno riportato alla luce tombe e alcune porzioni dell’antica area riservata alle sepolture. Ma ora tutto potrebbe essere ricoperto
CATANIA – Le piogge intense del mese di novembre hanno rallentato i lavori. Ma presto riprenderanno. Si tratta della campagna di scavi realizzata in collaborazione con gli studenti dell’Università di Catania e autorizzata dalla Soprintendenza ai beni culturali, in collaborazione con il Comune e on Officine Culturali per sondare quanto ancora non conosciuto e non portato alla luce della collina di Piazza Dante.
C’è fermento culturale in questa zona di Catania, ricca di testimonianze dell’antica città romana che in questa collina aveva non solo alcuni edifici fondamentali per la vita cittadina, ma anche una grandissima necropoli. Ed è questa che, negli ultimi mesi, sta affiorando in vari punti della città.
Nota agli esperti, si estendeva da Piazza Stesicoro fino all’area della piazza Santa Maria di Gesù, via Androne e di via Lago di Nicito, con gli scavi in corso da parte di Terna e di Enel negli ultimi mesi sta riservando qualche sorpresa: sono infatti emerse alcune porzioni dell’antica area riservata alle sepolture.
Prima in via Battiato, angolo via Androne, con la scoperta di alcune tombe, poi in via Roccaromana, dove però i resti sono conservati male e si estendono sotto alcuni edifici rendendone possibile il recupero, e infine in via Basile, dove le sepolture sono praticamente integre. Secondo gli esperti, infatti, mancherebbero soltanto le coperture presumibilmente a volta. Un tesoro riportato alla luce che, però, presto, potrebbe essere ricoperto. Così come per quelle di via Battiato, il recupero diventa piuttosto difficile in una zona della città così densamente abitata e ricca di palazzi, strade e sottoservizi.
“La necropoli è quella che conosciamo – ha evidenziato una delle archeologhe che stanno lavorando a parte degli scavi -: abbiamo rinvenuto altre tombe. Si ricoprirà tutto, a scopo conservativo, non essendo possibile fare altro, dato il punto nevralgico in cui si trovano i resti. Una volta completate le verifiche, i restauri e gli studi del caso, la sovrintendenza divulgherà i risultati e le conclusioni”.
Ma sono in tanti a domandarsi come mai non si sia stato realizzato un museo a cielo aperto. “Certo – scrive Salvo Castro del Comitato popolare antico Corso -. quanto sarebbe stato bello che quell’area avesse avuto Piazze, Viali, piccoli parchi che avrebbero permesso di lasciare in vista tratti di questo formidabile patrimonio anziché un reticolo fittissimo di strade strette popolate da palazzi e un intreccio di servizi e sottoservizi”.