Il QdS ha formalizzato la proposta all’Amministrazione comunale, nell’ambito delle consultazioni per il Piano urbanistico generale. Il professore di urbanistica spiega come è possibile realizzarlo
CATANIA – L’idea di un parco urbano alle spalle del Lungomare fa un passo avanti. Con una mail all’indirizzo di posta elettronica dedicato, il Quotidiano di Sicilia ha formalizzato la proposta, inserendosi ufficialmente nel dibattito avviato dall’amministrazione comunale per discutere il Piano urbanistico generale, lo strumento che sostituisce il piano regolatore e che dovrebbe presto vedere la luce. L’idea lanciata dalle pagine di questo giornale è quella di utilizzare le aree libere alle spalle del Lungomare, tra l’istituto Nautico e la via del Rotolo, o una porzione di queste, per realizzare un’ampia zona verde, scongiurando altre costruzioni in una delle zone più belle di una città che sogna da sempre di ricongiungersi al suo mare.
Le aree in questione sono identificate come edificabili dal piano regolatore vigente e, come ci ha spiegato il direttore dell’Urbanistica, Biagio Bisignani, sarebbe estremamente difficile procedere diversamente. Difficile ma non impossibile. Il cambio di destinazione d’uso di un’area infatti è una possibilità consentita dalla giurisprudenza, come spiega il professore di urbanistica nonché esperto del Comune di Catania in materia, Paolo La Greca.
“Non c’è nessuna indicazione normativa che impedisca ad un nuovo piano urbanistico generale di modificare la destinazione urbanistica precedente – dice. La giurisprudenza è costante nell’affermare che, se l’assetto complessivo dello strumento urbanistico proposto valuta necessaria una destinazione diversa rispetto a quella che il precedente strumento urbanistico dava, questa operazione può essere fatta”. Non a costo zero però, i proprietari vanno risarciti.
“Il problema più grosso che esiste da sempre in Italia è quello che si chiama il tema dell’offerta residua di terreni con potenziale edificatorio e che grava in maniera enorme sull’urbanistica – spiega La Greca. Se c’è uno strumento urbanistico che destina alcune aree a possibile edificazione, significa che i proprietari di quelle aree, in questo caso per 50 anni, hanno pagato le tasse, hanno pagato l’Imu come suoli edificabili. Una delle operazioni più attente che possono essere fatte, allora, è quelle di trovare delle soluzioni che contemperino in qualche modo le esigenze” – sostiene l’esperto.
Ovvero che, da un lato possano permettere alle amministrazioni di pianificare diversamente rispetto al passato e, dall’altro soddisfare i privati. “Si tenta di compensare le due istanze individuando l’interesse pubblico prevalente, nel caso della proposta da voi avanzata di un parco urbano – aggiunge il professore – con la possibilità di consentire eventualmente alla proprietà privata di compartecipare. Perché il problema principale è l’acquisizione dell’area. Il rischio sarebbe un contenzioso sui costi di esproprio che sarebbe devastante per qualsiasi amministratore pubblica” – sottolinea.
Una soluzione possibile, secondo il professor La Greca, potrebbe essere quella di cercare di acquisire questo terreno o una parte rilevante consentendo l’edificabilità di una porzione. “Un sistema edificatorio che in qualche modo gratifichi il privato – sottolinea – e che gli consenta di cedere all’amministrazione pubblica il terreno per la realizzazione di qualcos’altro. Questo è un meccanismo che consente in realtà anche di migliorare il contesto intorno e la qualità urbana. Il Comune potrebbe acquisire il terreno a un costo quasi nullo o nullo compensando i privati e questo – conclude – potrebbe rendere l’operazione è fattibile”.