Catania, siccità, anche gli invasi etnei in affanno - QdS

Catania, siccità, anche gli invasi etnei in affanno

Gabriele Patti

Catania, siccità, anche gli invasi etnei in affanno

martedì 03 Marzo 2020

Si riducono le riserve dei laghi Dirillo e di Lentini. Il Lago di Ogliastro sotto la metà della sua capienza

CATANIA – Più di un campanello d’allarme quello lanciato dall’Osservatorio delle acque della Regione siciliana. Secondo il dipartimento anche il mese appena concluso può essere archiviato come il febbraio più asciutto degli ultimi cento anni. Era già successo lo scorso gennaio, considerato il più secco dell’ultimo secolo. Palermo, Trapani e Agrigento sono le province più a rischio. Per due mesi consecutivi, in questa parte dell’Isola, non si è praticamente vista una goccia d’acqua e a risentirne è l’agricoltura.

“Siamo davanti a un quadro preoccupante – ha spiegato all’Ansa Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale – la siccità sta compromettendo le nostre colture in corso come grano, foraggi e ortaggi. Ha anche bloccato il lavoro nelle vigne, perché la terra è dura, spaccata, non si può piantare nulla in questo momento, un problema anche per i florovivaisti”.

Se questo rappresenta il quadro regionale, Palermo, Trapani e Agrigento non sono gli unici territori a soffrire la siccità. Stando ai dati diffusi nei giorni scorsi dal Dipartimento regionale dell’autorità di bacino, in territorio etneo sarebbero due (sui tre mappati dall’Ente) i laghi su cui la carenza di piogge pesa e non poco: il Lago Dirillo e il Lago di Lentini.

Il primo, di utilizzo industriale e gestito dalla raffineria di Gela, attraversa Vizzini e si spinge fino a Monterosso Almo, in provincia di Ragusa. Si tratta di un lago artificiale con una superficie, secondo la Banca dati dei laghi italiani, di 1,11 chilometri quadrati e realizzato attraverso lo sbarramento del fiume Dirillo tramite la diga Ragoleto. Il lago sorge in un paesaggio ricco di verde e le acque sono popolate da specie ittiche lacustri come il luccio, la trota, la carpa e il persico. Il volume del bacino, dalla capacità di oltre venti milioni di metri cubi, però, a gennaio è sceso a 16,12 e a febbraio ha subìto un ulteriore diminuizione di 0,37 millimetri cubi ed è sceso a 15,75 (lo scorso anno il volume si attestava a 11,41 mmc).

Il lago di Lentini, gestito invece dal dipartimento Acqua e rifiuti, sorge in provincia di Siracusa ai margini della provincia etnea, e si estende nel territorio di Lentini. Il bacino idrografico occupa una superficie naturale posta tra i Monti Iblei e la piana di Catania. Un lago storico, apprezzato e descritto già nell’Ottocento da viaggiatori stranieri, come Charles Didière, romanziere e scrittore di reportage di viaggio, che nell’agosto del 1829, definì il Biviere terza meraviglia della Sicilia. Alla fine degli anni settanta, si pensò alla ricostruzione del lago come serbatoio di acqua per uso agricolo e industriale. Fu con i finanziamenti della Cassa del Mezzogiorno che venne realizzato un invaso più piccolo ma più profondo con una capacità di 127 milioni di metri cubi utili d’acqua. Successivamente il bacino si è riempito e si è evoluto in un’importante oasi naturalistica, habitat per la sosta di uccelli migratori e per la nidificazione di molte altre specie. La stessa Lipu conta oltre venti mila presenze di volatili, appartenenti a 150 specie diverse.

Adesso il lago raggiunge una capacità totale d’invaso pari a 134,55 mmc, ma a gennaio 2020 ne conteneva 79,53. Oggi, con uno scarto rispetto al mese precedente pari a 0,73, è arrivato a 78,81.

In condizioni migliori, invece, si trova il Lago di Ogliastro. Altro bacino artificiale della Sicilia, al confine tra la provincia di Enna e quella di Catania, si estende nel territorio tra i comuni di Aidone e Ramacca. Per questo, gestito dal Consorzio di bonifica 7 di Caltagirone, i dati sembrano dipingere un quadro positivo. Se il mese scorso il volume si attestatava a 56,03, adesso è pari a 56,57 mmc. Ma sempre meno della metà di quanto l’invaso potrebbe contenere.

Sebbene il quadro provinciale si dimostri meno allarmante, non c’è da abbassare la soglia dell’attenzione. Ed è quello che, almeno per il momento, sta dimostrando di voler fare la Regione. Risale allo scorso novembre, infatti, il provvedimento con cui Palazzo d’Orleans ha stanziato 600mila euro per progettare la gestione e la messa in sicurezza di otto invasi. Tra gli obiettivi della proposta presentata in Giunta dall’assessore Alberto Pierobon ci sarebbe la sicurezza e la funzionalità delle dighe Arancio, Furore, Gorgo Lago, Lentini, Paceco, Ponte Barba, San Giovanni e Santa Rosalia.

Otto progetti di gestione, dunque, i cui finanziamenti sono stati reperiti riprogrammando le risorse dei fondi Fsc 2014/2020 del Patto per il Sud, per assicurare l’efficienza dello scarico di fondo liberandolo dall’eventuale ostruzione di sedimenti, garantire la sicurezza dell’impianto e recuperare la capacità dell’invaso di accumulo dell’acqua. Oltre a questi, però, ci sono altre 15 bacini, per i cui interventi le somme sono state già stanziate attraverso il Programma nazionale dighe, e sui quali si dovranno portare a termine i lavori di messa in sicurezza.

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