Celiachia, diagnosi triplicate rispetto a 40 anni fa - QdS

Celiachia, diagnosi triplicate rispetto a 40 anni fa

redazione

Celiachia, diagnosi triplicate rispetto a 40 anni fa

mercoledì 24 Aprile 2019

Ma ancor oggi soltanto un paziente su tre è consapevole della sua condizione. Le diagnosi sono triplicate e si identifica un caso ogni 286 abitanti

ROMA – Da malattia rara a malattia cronica: quarant’anni fa la celiachia era sconosciuta, potevano passare molti anni prima di arrivare alla diagnosi e veniva riconosciuto appena un caso su mille. Ora le diagnosi sono triplicate, si identifica un caso ogni 286 e in questi quattro decenni 200.000 italiani hanno potuto dare un nome a dolori quotidiani, diarrea, emicrania, infertilità trovando finalmente una cura per la loro malattia grazie al contributo dell’Associazione italiana celiachia (Aic) che celebra il suo quarantesimo compleanno.

“Negli ultimi quarant’anni le storie dei celiaci sono per fortuna molto cambiate. Quattro decenni fa erano storie di persone che lottavano per anni con sintomi che nessuno sapeva riconoscere: bambini che non crescevano, donne che non riuscivano ad avere figli senza un perché, persone in costante lotta con il sottopeso, i dolori addominali, la diarrea- spiega Giuseppe Di Fabio, presidente Aic -. Nel 1979 il paziente celiaco era una rarità, da un caso ogni 1000 individuato si è passati a uno ogni 286, oggi, i pazienti con i sintomi classici vengono riconosciuti molto velocemente, nei bambini a volte si pone la diagnosi anche prima di un anno di vita. Ciò significa poter vivere in modo normale e senza disturbi con la dieta di esclusione, sempre più agevole grazie anche al continuo lavoro di sensibilizzazione di Aic che ha consentito di ampliare moltissimo la quantità di prodotti senza glutine, presenti non più solo in farmacia ma in abbondanza in tutti i supermercati e nei negozi specializzati e di potersi recare in moltissimi ristoranti senza alcuna paura”.
Nonostante l’impegno di Aic sia sempre stato alto, senza mai abbassare la guardia, la diagnosi non è ancora un nodo risolto e solo il 30% dei pazienti risulta diagnosticato rispetto a una popolazione attesa di 600.000 celiaci. “La diagnosi precoce di celiachia è una forma indispensabile di prevenzione ed è perciò fondamentale: il celiaco inconsapevole che assume glutine si espone a complicanze anche gravi, spesso irreversibili, che ne compromettono la salute e gravano sull’intera collettività per i costi sanitari e sociali che ne derivano – precisa Marco Silano, coordinatore del Comitato scientifico di Aic -. Purtroppo oggi esiste il fenomeno dei ‘pazienti camaleonte’ e sono quelli che dobbiamo scovare: si tratta di persone con sintomi non classici della celiachia e inizialmente non riconducibili a questa patologia, dall’osteoporosi all’infertilità, dall’anemia alle afte frequenti in bocca e i medici devono essere ‘allenati’ a sospettare la celiachia di fronte a questi sintomi”.

Anche per questo Aic nel corso dell’anno che celebra il suo 40° anniversario sta portando in giro per l’Italia iniziative di formazione di alto livello, organizzando da gennaio i convegni paralleli ‘Protocollo di diagnosi e follow up’ in tutte le Regioni: l’ambizioso progetto di formazione e aggiornamento, che prevede crediti ecm e coinvolge circa 2000 medici di famiglia, pediatri di libera scelta, specialisti e dietisti, mira a diffondere informazioni aggiornate e autorevoli, che possano aiutarli a diagnosticare e seguire sempre meglio i pazienti con celiachia. Come ogni anno Aic sarà impegnata nella Settimana della Celiachia, in programma dall’11 al 19 Maggio, per informare e sensibilizzare il pubblico sulla malattia celiaca anche grazie al sito sempre aggiornato (settimanadellaceliachia.it).

“Le tante iniziative di informazione non ci distraggono però da un altro obiettivo fondamentale, ovvero far sì che i pazienti vedano garantito il loro diritto alla diagnosi precoce ma anche alla terapia dietetica – conclude Di Fabio -. Per mantenere il Sistema Italia celiachia è necessario garantire la sostenibilità dell’assistenza, creando un modello digitale con buoni elettronici in tutta Italia (sistema già attivo in sette regioni), più razionale e più economico, verificando ogni possibilità di riduzione del costo dei prodotti, già in calo negli ultimi anni”.

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