CATANIA – Il 3 dicembre 2024, l’Adi Design museum di Milano ha inaugurato una mostra dedicata all’opera editoriale di Luigi Patitucci, designer, storico e critico del design. “Il design è una favola!”, questo il nome della rassegna, si articola in 23 dipinti e opere d’illustrazione, ciascuna rappresentante una favola riscritta da Patitucci con il contributo di importanti figure del panorama internazionale del design e scrittori.
La mostra esplora il rapporto tra il design e la narrazione, evidenziando come le nuove “favole” possano fungere da lente interpretativa per analizzare il mondo contemporaneo del design. Luciano Galimberti, presidente Adi, è intervenuto su “Il design è una favola!”, spiegando come l’esposizione di Patitucci c’entri la stessa missione dell’Adi Museum: cioè promuovere un dialogo tra il design istituzionale e quello narrativo, superando divisioni concettuali storiche.
Quale contributo dà “Il design è una favola!“ all’attività, che è anche una ricerca (come spiegato dal presidente Luciano Galimberti di Adi Museum ndr)?
“In virtù dell’utilizzo di tutta una serie di dispositivi, in particolare i device, siamo cresciuti dal punto di vista esperienziale in maniera notevole, sviluppando delle difficoltà all’interno del mondo fisico in cui siamo cresciuti ed evoluti da millenni. Questo mondo, fatto di carne, sangue e atomi ci sembra abbastanza insoddisfacente, per questo stiamo mettendo sotto inchiesta ogni tipo di elemento che concorre a delineare il nostro scenario esistenziale. Noi designer lo facciamo disegnando e ridisegnando continuamente i dispositivi di cui facciamo uso. Una sedia deve ancora avere la sua configurazione formale di fronte il nostro nuovo di vivere? Nel 2021 è stata presentata la prima collezione di orografie, ho portato ‘Voyeur, l’armadio svergognato’ che si apre come l’impermeabile di un maniaco, ma è destinato alla donne. Questo gesto irriverente e offensivo è stato mutuato da me attraverso le tecniche di ingaggio con l’utente che sono spesso di natura provocatoria o seduttiva, che lo fa collidere meravigliosamente con l’oggetto. Continuo a ricorrere a questo approccio”.
Dopo Zanuso e Mendini c’è Patitucci. Immagino anche una soddisfazione personale in questa successione.
“Soddisfazione personale, ma con grande stupore. Faccio questo lavoro da quando ho 16 anni, quando ho cominciato a collaborare con gli studi di alcuni professionisti, continuando anche durante l’università. Sono 42 anni di esercizio della professione di designer. Ognuno di noi ha una grande e pesante responsabilità nei confronti di questa eredità meravigliosa e poter sentire oggi dalle parole del presidente Luciano Galimberti dell’Adi nazionale, che ha voluto fortemente la formazione di questo museo, che è ‘Mecca dei designer’, è una grande emozione. È stato l’intento della mia vita. Il successo di visibilità, commerciale, non mi ha mai minimamente interessato di più”.
Che narrazione costruisce “Il design è una favola!”? Ci sono degli elementi a cui tieni di più?
“Rispondo con una frase che sono solito dire: noi siamo unici ma anche plurimi. Abbiamo bisogno di alcuni momenti in cui dobbiamo depensarci. ‘Il design è una favola!’ nasce da questa combo che esprime la mia, nostra pluralità siciliana, difficile da descrivere. La Sicilia viene continuamente visitata da designer contemporanei quindi la mostra coniuga anche questo. Ho scelto 23 oggetti afferenti alla storia del design e 23 favole tra le più famose del Mondo. Ce n’è una giapponese, chiamata la ‘Gratitudine della Gru’, riscritta dalla nota designer Tomoko Mizu (che ha vissuto anche qui in Sicilia), commovente e bellissima, per cui è stato fatto esattamente questo. In ‘Il design è una favola!’ ho riscritto la favola originaria inserendo all’interno questi oggetti afferenti la storia del design. Chiaramente, essendo degli oggetti dalla forte personalità, dalla forte autonomia, tale da poter condizionare da soli un intero scenario, hanno iniziato a collidere con i personaggi della favola originaria e ne sono nate delle traiettorie in qualche modo interessanti. Lasciando intravedere anche nuove modalità comportamentali. Per il gatto con gli stivali, ad esempio, ho scelto le protesi di Pistorius”.

