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Chi cerca la sfortuna se la merita

Etica&Valori

Sentiamo tanta gente che emette lamentazioni di ogni tipo perché non riesce ad avere un lavoro, a soddisfare i propri desideri, a veder crescere i propri figli come vorrebbe e tante altre necessità.
Quando qualche volta chiediamo spiegazioni sulle motivazioni relative ai fatti lamentati, sentiamo le solite risposte: nella mia vita non ho avuto fortuna, sono stato perseguitato dalla sfortuna, i miei figli prendono cattivi esempi e non mi ascoltano, nel lavoro che svolgevo il dirigente o l’imprenditore ce l’aveva con me, ed altre sullo stesso tono.
Un cahier de doléances molto corposo che vuole spiegare i perché e il percome una persona si trovi in braghe di tela. Ma questa non è la verità. La verità è un’altra e cioè che quella persona – che riesce a elencare tutte le ragioni del suo stato fallimentare imputato soprattutto alla sfortuna – non fa l’esame di coscienza, cominciando a valutare se la causa della filiera delle disgrazie che l’ha colpito non sia proprio se stesso e il proprio modo di ragionare.

Nella vita, la fortuna e la sfortuna giocano un ruolo non principale. La vincita alla lotteria o ad altro gioco è un fatto del tutto casuale sul quale nessuno dovrebbe puntare il proprio futuro. Esso può essere foriero di risultati se questi sono costruiti giorno per giorno, con abnegazione e sacrificio, con la disponibilità a sudare e sacrificarsi, col sottrarre le ore al sonno e al divertimento.
Chi è capace di comportarsi in codesto modo e vi pone le proprie energie e la propria intelligenza (poca o tanta) certamente approda a risultati. Ma solo chi si comporta in questo modo avrà anche l’aiuto, seppur piccolo, della fortuna, mentre sarà danneggiato, sempre in modesta misura, dalla sfortuna.
Dare continuamente la colpa agli altri, al vento contrario e a fattori negativi è un comportamento puerile e perfino suicida.
In effetti, c’è la voglia di essere confortati, cercando la benevolenza degli altri. Ma chi può dare benevolenza a colui o colei che è stato fortunato/a per tutta la vita? La fortuna e la sfortuna si equilibrano sempre e giocano un ruolo secondario nella vita di una persona.
Non sembri di second’ordine la questione che analizziamo. Nella maggior parte dei casi le persone sanno quello che scriviamo soprattutto se hanno avuto buoni insegnamenti in questa direzione nella propria famiglia.
Genitori che hanno lavorato tutta la vita, che si sono sacrificati per fare studiare i figli, in modo da essere in condizione di prendere l’ascensore sociale, ve ne sono tantissimi e, in genere, sono proprio questi figli che hanno successo perché sono stati abituati a utilizzare l’olio di gomito comunque e in qualunque occasione.
Sono stati abituati anche a dare valore al denaro guadagnato faticosamente ed anche all’aurea regola, quando possibile, di accantonare una parte, seppur minima, di quanto si guadagna in assicurazioni o risparmi.
Insomma, il comportamento da formichine di molte famiglie che non invocano mai la fortuna o la sfortuna perché sanno che lavorando con grande impegno possono soddisfare i propri bisogni.

Certo, nel nostro Paese vi è il problema del lavoro, tutelato dall’articolo 3 della Costituzione, il quale assegna alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale.
La questione però è che le Istituzioni che rappresentano la Repubblica, come Governo e Parlamento, non sanno eseguire il disposto costituzionale, creando le opportunità di lavoro, sia sostenendo gli investimenti che l’apparato delle imprese, nonché offrendo ai cittadini una formazione continua, per farli diventare idonei alle nuove esigenze delle attività lavorative.
Tutto questo non accade ed ecco che i cittadini non capaci di auto-aggiornarsi continuamente addebitano alla sfortuna il fatto che non trovano lavoro. Non è vero, di lavoro nel nostro Paese, anche nel Sud, ce n’è tanto ma è riservato ai competenti. I senza mestiere che non hanno voglia di diventarlo continuano ad addebitare alla sfortuna la loro incapacità.
Quanto precede va detto con chiarezza e senza falsi pietismi perché ognuno è artefice della propria vita e del proprio futuro, senza dover ringraziare nessuno. E se non ce la fa non è sfortunato, è incapace!