Home » Chi incassa lo stipendio e chi lo guadagna

Chi incassa lo stipendio e chi lo guadagna

Chi incassa lo stipendio e chi lo guadagna
Giovanni Falcone

L’esempio di Falcone

Giovanni Falcone, quando incassava lo stipendio, si chiedeva sempre: “Me lo sono guadagnato?”.
Oggi tutti esaltano il giudice palermitano per quello che aveva fatto e che voleva fare contro le tante mafie, pur non trovando adeguato riscontro nei governi dell’epoca e in quella classe dirigente politica che aveva nella grande balena (Dc) il timoniere.
La domanda di Falcone dovrebbero porsela tutti coloro che ricevono uno stipendio, il quale costituisce un diritto, ma solo se le prestazioni corrispondenti sono state adeguate.

Non affermiamo niente di nuovo, solo che questo principio etico fondamentale del cosiddetto contratto sinallagmatico, cioè a prestazioni e controprestazioni, viene disatteso da una grande moltitudine di persone che non si pongono per nulla il suddetto interrogativo.
Questo perché la maggioranza dei/delle cittadini/e non ha ben presente il valore del merito, che è il metro con cui si devono misurare tutte le cose che si fanno.

Per obiettività bisogna distinguere i/le percettori/trici di stipendio del settore privato da quelli/e del settore pubblico. Nel primo settore il merito è discretamente diffuso come elemento necessario per fare quadrare i conti delle imprese, per cui chi lavora all’interno di questo comparto, rende, ovviamente più o meno, ma rende in rapporto a quello che riceve.

In quello pubblico, invece, è totalmente disconosciuto il valore di merito e quindi quello della produttività, in quanto non esiste un modello organizzativo che preveda il raggiungimento degli obiettivi in un dato tempo (e non in un altro), obiettivi sia qualitativi che quantitativi.
Se interpellate qualcuno dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici, scommettiamo che quasi nessuno vi risponderà che conosce la frase pronunciata da Falcone e indicata all’inizio di questo scritto.
Quanto precede è responsabilità di tali dipendenti? Non lo crediamo; la responsabilità è della classe dirigente politica perché non adotta modelli organizzativi per legge stringenti ed elaborati su base matematica, come fossero spartiti musicali.

Non si può negare, tuttavia, che la maggiore responsabilità sia quella dei/delle dirigenti amministrativi/e, i/le quali ricevono l’impulso dai responsabili istituzionali mediante leggi di vario genere, che poi dovrebbero applicare con intelligenza, buonsenso e professionalità.
Intendiamoci, non facciamo di tutta l’erba un fascio perché vi è una cospicua parte di tali dirigenti e dipendenti pubblici che fa molto di più del proprio dovere e a cui bisogna rendere onore. Ma non basta per fare funzionare tutta la macchina.

Richiamando la più volte ripetuta metafora, il motore della Pa va a tre cilindri e forse anche a due, ma non si vede nessun responsabile che cerca di porre rimedio a questo stato di cose, salvo la lieta sorpresa che ho avuto svolgendo il forum col ministro Paolo Zangrillo, il quale invece sta compiendo un immane sforzo per ristrutturare dalla base tutta la Pubblica amministrazione e di questo gliene do volentieri atto.

Lavorando con merito, in modo organizzato su base matematica, si raggiungono i risultati, che sono i soli elementi che misurano le capacità di realizzazione di ogni lavoratore o lavoratrice. Non ci risulta che vengano dati questi riconoscimenti in modo diffuso nello Stato, nelle Regioni, nei Comuni e in tutte le diramazioni dei servizi pubblici, come invece bisognerebbe fare per premiare chi opera secondo le regole etiche prima indicate.

Il richiamo continuo in questi editoriali di tale materia non è un’insulsa o noiosa ripetizione, ma la necessità di portare all’Opinione pubblica “l’altra informazione”, disvelando “tutto quello che c’è sotto” e soprattutto indicando i rimedi, perché un Paese a economia avanzata come il nostro non può avere una macchina pubblica scassata.
Se essa funzionasse come dovrebbe, il Pil crescerebbe di un paio di punti, il Meridione accorcerebbe l’enorme divario dal Nord Italia e, in genere, sarebbero diffusi i principi di equità e di rispetto, che oggi sono piuttosto sconosciuti.