Polemiche a non finire dopo che il celebre maestro Iginio Massari ha messo in vendita le sue chiacchiere a 100 euro al chilo, con un aumento del 25% rispetto all’anno scorso. Anche nella carissima Milano lo stesso dolce nelle pasticcerie oscilla tra i 20 e i 60 euro al chilo, con punte minime di 6,36 euro nei supermercati.
Il giusto prezzo
La polemica impazza sul Web e soprattutto sui social, con lo chef e docente Guido Mori che non manca di dire la sua alimentandola. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per farci spiegare da dove nasce la polemica. “Bisognerebbe partire dal concetto di cibo, capire davvero cos’è. Sicuramente è nutrimento, tradizione e naturalmente convivio, specie per una festa così popolare come il Carnevale. Non stiamo parlando di abiti di lusso, ma di cibo. Gli abiti di lusso hanno un valore intrinseco legato al marchio e se ne può fare a meno. Il cibo, invece, è essenziale”, ci ha detto Mori senza mezzi termini.
“Non sono un tartufo”
“Le chiacchiere non sono il tartufo, e quando il prezzo si discosta troppo dal costo delle materie prime, si esce dal concetto di alimento”. Secondo lo chef, il costo di queste chiacchiere non è tanto il risultato di una lavorazione straordinaria o di materie prime introvabili, quanto di una precisa operazione di posizionamento di mercato: “
Quale prezzo attribuire?
La questione, quindi, non è solo economica, ma anche culturale: il prezzo attribuito a un prodotto può trasformarlo in un oggetto di lusso, snaturandone la vera essenza. E se da un lato c’è chi è disposto a pagare qualsiasi cifra per un marchio, dall’altro c’è chi rivendica il valore della pasticceria artigianale e della tradizione locale. Quest’anno, il Carnevale si festeggia con dolci che dividono più che unire. Ma alla fine, tra bugie, cenci e frappe, la domanda resta sempre la stessa: qual è il vero prezzo del gusto?

