ROMA – Pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 15 giugno scorso il Decreto ministeriale (datato 16 giugno 2024) contenente la metodologia relativa al concordato preventivo biennale. L’Agenzia delle Entrate, pure il 15 giugno, ha reso disponibile il software per aderire al alla proposta di concordato.
Le disposizioni del ministero dell’Economia e delle Finanze contengono la metodologia con cui l’Agenzia formula – ai contribuenti di minori dimensioni che nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 hanno applicato gli Isa, che svolgono attività nel territorio dello Stato e che sono titolari di reddito di impresa, ovvero di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni (soggetti a Irpef, Ires e Irap) – la proposta di concordato dell’ammontare dei redditi conseguiti per il periodo di due anni (2024 e 2025).
Giova ricordare, al riguardo, che l’articolo 17 della Legge delega (n. 111 del 9 agosto 2023), ma principalmente il conseguente decreto legislativo n. 13 del 12 febbraio 2024 (articoli 6 e seguenti), con l’intento di potenziare gli adempimenti collaborativi dei contribuenti, oltre a prevedere il contraddittorio preventivo obbligatorio (disposizione di enorme importanza) e altri sistemi volti a evitare errori del contribuente, hanno stabilito – tra l’altro e a determinate condizioni – l’istituzione di un istituto speciale di definizione del rapporto tributario, riguardante un determinato periodo (biennale).
La proposta di concordato è elaborata dall’Agenzia delle Entrate sulla base della metodologia approvata dal decreto recentemente pubblicato, utilizzando i dati dichiarati dal contribuente e le informazioni correlate all’applicazione degli Isa, anche relative ad annualità pregresse. Ai fini dell’elaborazione della proposta di concordato, i contribuenti interessati dalla disposizione in argomento, comunicano in sede di applicazione degli Isa i dati necessari per l’elaborazione della citata proposta.
Il concordato preventivo biennale, a detta dei vertici dell’Amministrazione finanziaria, è stato creato allo scopo di facilitare l’applicazione dei tributi (imposte dirette e Irap, ma anche i contributi previdenziali) da parte di alcune categorie di soggetti di minore dimensione, concedendo a tali contribuenti il vantaggio di conoscere in anticipo l’importo sul quale saranno calcolate le imposte per l’anno in corso e per quello successivo, senza dover pagare nulla in caso di raggiungimento di un importo di reddito superiore a quello “concordato”, di non ricevere accertamenti quando dagli eventuali accertamenti subiti dall’Amministrazione finanziaria l’errore o il non dichiarato non sia superiore al 30% dell’intero, di beneficiare del regime premiale Isa ossia con la certezza di non essere sottoposti agli accertamenti presuntivi di cui all’articolo 39 del Dpr 600/73. Evidentemente, però, qualora il reddito nel biennio dovesse essere inferiore a quello concordato, non ci sarà alcuna possibilità di ridurre l’importo oggetto di definizione concordataria sul quale, pertanto, i tributi dovranno comunque essere pagati.
Sono esclusi dal regime impositivo in parola i contribuenti con debiti tributari o comunque quelli che non li estinguono (debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate o debiti per contributi previdenziali, di importo pari o superiore a 5.000 euro) prima dell’adesione alla proposta di concordato. Sono pure esclusi i soggetti che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi in relazione ad uno dei tre periodi precedenti a quelli oggetto di concordato, nonché quelli che hanno subito condanna per uno dei reati tributari (legge 74/2000), dall’articolo 2621 del codice penale o degli articoli 648 bis e 648 ter 1 del codice penale.
Si cessa dal regime di concordato in caso di modifica dell’attività svolta nel corso del biennio, ovvero in caso di cessazione dell’attività. Si decade, invece, quando dall’eventuale accertamento emergono maggiori ricavi o minore passività di valore superiore al 30% dei ricavi dichiarati, in caso di modifiche della dichiarazione che comportano quantificazione diversa dei redditi rispetto a quelli oggetto di concordato, ed infine in caso di omesso versamento delle imposte.
Per il primo anno di applicazione, ossia per l’anno in corso (2024), l’Agenzia deve mettere a disposizione dei contribuenti, entro il 15 giugno (a regime entro il 1° aprile), i programmi informatici necessari per l’acquisizione (dai contribuenti) e l’elaborazione dei dati necessari per la formulazione della proposta.
L’accettazione della proposta, invece, dovrà avvenire, per quest’anno, entro il termine di scadenza della dichiarazione dei redditi (15 ottobre 2024). A regime, invece, entro il termine di pagamento del saldo delle imposte sui redditi e Irap (30 giugno dell’anno in cui si è presentata la dichiarazione).
Quest’anno, il versamento del saldo e del primo acconto 2024 seguiranno le vecchie regole, mentre in sede di secondo acconto le imposte saranno versate secondo il piano concordato con il Fisco. C’è quindi tempo fino al 15 ottobre (salve probabili proroghe del termine di scadenza della dichiarazione dei redditi e, conseguentemente, per l’accettazione della proposta di concordato) per aderire al concordato preventivo biennale. Si ricorda che per l’annualità 2024, e solo per tale annualità ed in via sperimentale, il concordato preventivo è previsto anche per i soggetti che operano in regime “forfettario”.
Non resta ora che attendere le nuove disposizioni del Consiglio dei Ministri che dovrebbero modificare parzialmente le norme sul concordato preventivo biennale, introducendo nuovi paletti in caso di contribuenti in regime forfettario e facendo slittare al 31 ottobre il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, novità che avranno particolare rilievo nell’accettazione della proposta di concordato.
Per concludere, è opportuno ricordare che le disposizioni alla base del concordato preventivo biennale sono certamente regole che, nel loro intento, vanno benissimo al fine della compliance. Bisognerà vedere, tuttavia, se sono corrette alcune considerazioni da parte di alcuni addetti ai lavori secondo i quali, un accordo preventivo col fisco, seppure con i “paletti” imposti dalla legge e comunque condizionato – molto probabilmente – dai punteggi Isa, potrebbe avere conseguenze negative per i contribuenti (qualora dovessero conseguire un reddito inferiore a quelle concordato); ma anche di carattere negativo per l’Erario, stante che alcuni ritengono che in questo modo si potrebbe realizzare una sorta di evasione “preventivamente concordata” col Fisco.