La sostenibilità alimentare non è ancora al centro degli interessi dei consumatori siciliani: appena 4 su 10 leggono le etichette di prodotti per valutarne gli ingredienti e la provenienza, 3 su 10 cercano di acquistare quando possibile prodotti a chilometro zero, mentre meno di 2 si rivolgono al mercato del biologico. Secondo gli ultimi dati statistici forniti dall’Istat, il 36,3% dei siciliani legge regolarmente le etichette degli ingredienti, una percentuale leggermente superiore alla media nazionale, che si ferma al 36%, e in linea con regioni come la Calabria, al 36,1%, e il Lazio, al 37,5%.
I valori più alti si registrano invece in Sardegna, al 40,2%, seguita dall’Abruzzo e Friuli Venezia Giulia al 39,6%. Quando si parla, invece, di alimenti biologici, la Sicilia arriva al 16%, una percentuale superiore a quella registrata in regioni come la Lombardia, al 13%, e il Veneto, al 12%, ma distante dai valori più alti registrati a Bolzano, al 19,5%, al Trentino-Alto Adige, al 17,7%, e alla Basilicata, al 18,3%. La media nazionale si aggira attorno al 15%, rendendo la performance siciliana leggermente sopra la media.
La predilezione per i prodotti locali
Il dato più interessante arriva sul fronte dei prodotti a chilometro zero, e rimane comunque piuttosto basso: il 27,6% dei siciliani sceglie alimenti locali, con un forte attaccamento alla filiera corta e al territorio.
Anche qui, nonostante tutto, la Sicilia si colloca sopra la media nazionale, stimata intorno al 25%, restando dietro ai record registrati in Sardegna, al 41,2%, la Puglia, al 35,7%, e Bolzano, al 34%. La penisola, per macroterritori, mostra nelle tre categorie risultati piuttosto omogenei, evidenziando quindi come la mancanza di attenzione al biologico e alla provenienza dei cibi non sia legata a fattori territoriali ma si delinei come un elemento culturale piuttosto diffuso.
E non è un caso che la sostenibilità sia legata anche al genere, al livello di istruzione e alla professione. I dati Istat, infatti, mostrano come le abitudini green siano più diffuse tra donne, laureati e lavoratori con ruoli qualificati.
Le donne più attente alle etichette
Il divario più marcato riguarda la lettura delle etichette degli ingredienti: il 41,6% delle donne la pratica abitualmente, contro appena il 30,8% degli uomini. Un gap di oltre 10 punti che si riflette anche in altre scelte sostenibili, come l’acquisto di prodotti biologici, preferiti dal 15,9% delle donne contro il 12,3% degli uomini, e di prodotti a chilometro zero, acquistati dal 25,2% delle donne contro il 21,8% degli uomini.
Anche il livello di istruzione incide fortemente sui comportamenti consapevoli. Tra chi ha una laurea e chi possiede solo la licenza media si registrano differenze significative: il 20% in più dei laureati pone attenzione nella lettura delle etichette, il 12,5% in più acquista prodotti biologici, l’8% in più punta sui prodotti a chilometro zero, chiaro segnale che l’educazione ambientale passa anche dai banchi di scuola e università.
Incide il livello di istruzione
Senza dimenticare, però, come il livello di istruzione si accompagni spesso ad una migliore condizione economica, che può incidere nella scelta di prodotti si biologici, ma che spesso costano maggiormente rispetto ai prodotti della tradizionale distribuzione commerciale.
Non è un caso che essere occupati come dirigenti, liberi professionisti o impiegati aumenta la propensione a comportamenti di acquisto ecocompatibili quali leggere le etichette, acquistare prodotti biologici e prodotti a chilometri zero, rispettivamente il 42,7%, il 22,2% e il 29,1% contro una media nazionale del 34,8%, del 12,0% e del 26,9%.
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