Dragone all’avanguardia
In quel Paese, accusato della dittatura di Xi Jinping, forse presidente a vita, vi sono alcuni aspetti relativi al problema più importante di questo mondo, cioè l’inquinamento, che vengono affrontati con mano ferma.
È vero che, da un canto, la Cina è il maggiore inquinatore del mondo, perché ha aumentato la produzione di carbone. Ma la stampa occidentale, allineata agli Stati Uniti, non denuncia che anche quel Paese ha incrementato ulteriormente la produzione di energia da fonti fossili.
Attenzione, non siamo né filo né contro gli Usa, ma seguiamo semplicemente il nostro dovere di dire i fatti come sono, senza omissioni. La stessa informazione non dice, però, l’altra faccia della medaglia di ciò che sta avvenendo in Cina e cioè che quel Governo ha imposto a tutte le industrie che producono e vendono auto elettriche di utilizzare la stessa bocca di ricarica, in modo che le colonnine siano universali.
Quel Governo spinge per l’acquisto di auto elettriche, mentre limita quello delle auto a motore termico. Infatti, dal 2011, queste ultime non si possono acquistare liberamente, bensì, chi volesse farlo, deve partecipare a una lotteria. Chi la vince potrà acquistare l’auto.
Ma anche queste a motore termico sono sottoposte a severissime regole anti-inquinamento, molto più restrittive di quelle in atto nel mondo occidentale delle economie avanzate.
Il Governo cinese alimenta inoltre l’acquisto di auto elettriche e frena quello di auto a motore termico mediante meccanismi di sovvenzioni e penalizzazioni.
Nessuno protesta perché tutti, volere o volare, obbediscono. La conseguenza è che la Cina, in sette anni, ha ridotto l’inquinamento atmosferico quanto gli Stati Uniti hanno fatto in trent’anni.
Le restrizioni e le agevolazioni sono estese alle micro-auto, ai velocipedi, alle moto. La Cina si sta espandendo nel mondo: si stima che 300 milioni di cinesi si trovino ovunque, ma nessuno se ne accorge. Sono silenziosi, come le formichine producono, pagano, non commettono reati e, via via, si espandono conquistando quartieri e città come nel caso di Prato, ove il 15% dei cittadini è cinese (il 63,6% degli stranieri presenti in città).
Anche nel settore della produzione di energia, la Cina è all’avanguardia perché sta per entrare in funzione un’enorme centrale solare-idroelettrica che produrrà due miliardi di chilowattora all’anno. Inoltre, sta installando numerosi impianti di idrogeno green.
È evidente che i fatti positivi prima elencati non possono nascondere quanto indicato, cioè che comunque la produzione di anidride carbonica continua ad aumentare. In questo senso sembra che in quel Paese la ricerca si stia orientando sempre di più per l’utilizzazione di quella risorsa residuale che da zavorra potrebbe diventare materia prima.
Non sappiamo quale Stato arriverà per primo a questo risultato, ma è pacifico che chi lo farà avrà risolto definitivamente due problemi: quello dell’energia e quello dell’inquinamento.
Sembra l’uovo di Colombo, ma non lo è. Si tratta solo di sapere verso quali obiettivi andare e di concentrare risorse finanziare per sostenere la relativa ricerca.
I fatti che abbiamo elencato mettono in discussione ancora una volta la questione di fondo: se sia meglio che un Popolo venga gestito dalla Democrazia o da una Dittatura illuminata per crescere economicamente.
Sappiamo bene la sollevazione di tanti “intellettuali”, i quali inorridiscono di fronte al dilemma presentato. Ma tali “intellettuali” non si occupano di disinquinare l’ambiente, di far crescere economicamente gli strati meno abbienti della popolazione, di produrre la ricchezza che poi verrà redistribuita e di altre amenità di questo genere.
Intendiamoci, non ce l’abbiamo con gli “intellettuali” che vivono nell’iperuranio e che non si sporcano le mani nelle questioni che riguardano tutti i cittadini, ripetiamo, quelli più bisognosi.
Perché il dilemma? Perché, a giudicare dai fatti, sembra più efficiente la Dittatura illuminata di Xi Jinping, che un’Unione europea più simile all’armata brancaleone che a un insieme di Stati.
L’Ue è stata ed è cieca, fra l’altro, di fronte alla questione Africa, dove invece la Cina si è gettata mani basse.