La risoluzione del contratto di subappalto tra Ingegneria Costruzioni Colombrita, impresa affidataria dei lavori di realizzazione della nuova cittadella giudiziaria di Catania, e il Consorzio Stabile Progettisti Costruttori, società di proprietà della famiglia Capizzi di Maletto, è stata tutt’altro che consensuale. La decisione di interrompere l’accordo, stipulato un anno fa per un importo che si aggirava sui sei milioni di euro e riguardava la realizzazione degli impianti, è stata presa a settembre dalla Ingegneria Costruzioni Colombrita. Come ricostruito la scorsa settimana dal Quotidiano di Sicilia, all’origine di tutto ci sarebbero state una serie di inadempienze da parte della società malettese che avrebbero comportato un imprevedibile ritardo nelle esecuzione delle opere. Intoppi a cui Ingegneria Costruzioni Colombrita ha cercato di rimediare ripartendo la commessa sugli impianti tra una serie di ditte di fiducia.
La posizione del Consorzio
Per il Consorzio Stabile Progettisti Costruttori, però, le cose non starebbero così. La società che ha come amministratore l’imprenditore Emanuele Capizzi ha inviato una nota al Quotidiano di Sicilia per affermare la propria posizione. “Le motivazioni poste a fondamento della risoluzione risultano infondate sia in fatto che in diritto, e non tengono conto né dello stato reale del cantiere né del cronoprogramma ufficiale delle lavorazioni” si legge nel documento. Il Consorzio sottolinea come “il termine finale dei lavori per la conclusione dell’intera opera è fissato al 19 maggio 2026”. Una data che “alla luce dello stato di avanzamento complessivo del cantiere” sarebbe impossibile da rispettare. Per questo, “risulta evidente che il ritardo è riconducibile alla generale conduzione delle lavorazioni e non può in alcun modo essere attribuito esclusivamente alla parte impiantistica”.
Le condizioni del cantiere
Per il Consorzio le lavorazioni agli impianti non sono state avviate in quanto sarebbero mancate le condizioni minime. Parlare di ritardo, di conseguenza, sarebbe errato. “Nella propria comunicazione del 19 settembre, indirizzata all’appaltatore Ingegneria Costruzioni Colombrita, il Consorzio aveva già evidenziato che l’avvio delle opere impiantistiche era previsto dall’1 settembre; e comunque, da cronoprogramma, solo dopo quattro settimane dalla realizzazione delle opere edili”, prosegue la nota.
L’azienda malettese sottolinea inoltre che “le partizioni interne – lavorazioni necessarie e propedeutiche per l’installazione degli impianti – risultavano completamente assenti”. Condizioni che di fatto avrebbero reso impossibile la realizzazione degli impianti. “Definire ciò un ritardo significa ignorare le condizioni oggettive del cantiere”, è l’accusa. A questo si aggiungono inoltre presunte criticità a livello progettuale. Un tema, quest’ultimo, che è già emerso in questi anni e che per molti è all’origine dei tanti rallentamenti registrati nell’avanzamento dei lavori, oltre che nell’avere dovuto ricorrere a due perizie di variante che hanno fatto lievitare i costi dell’opera.
Le criticità progettuali
“Il Consorzio precisa che, indipendentemente dallo stato di avanzamento delle opere edili, non avrebbe comunque potuto dare avvio alle attività impiantistiche avendo rilevato gravi criticità negli impianti così come previsti progettualmente. Tali soluzioni impiantistiche, infatti non sarebbero risultate certificabili ai sensi delle norme vigenti; avrebbero comportato costi di gestione e manutenzione spropositati, essendo totalmente prive di sistemi di automazione; non rispettavano i requisiti del Protocollo di Kyoto, né quelli necessari per l’ottenimento della certificazione Bacs”, è l’affondo. Sulla base di ciò, dunque, l’azienda malettese avrebbe deciso di “sottoporre all’appaltatore e alla stazione appaltante (la Regione, ndr) una serie di interventi migliorativi sulla progettazione impiantistica, interventi che avrebbero consentito di superare le criticità e le carenze riscontrate, garantendo così la realizzazione di soluzioni conformi alle normative, pienamente certificate e sostenibili sia sotto il profilo gestionale che prestazionale”.
La decisione finale e il possibile contenzioso
Una strada che però non è stata percorsa e che invece ha portato Ingegneria Costruzioni Colombrita a decidere di interrompere il rapporto contrattuale. “Il Consorzio Stabile Progettisti Costruttori ha formalmente invitato l’impresa appaltatrice a revocare in autotutela il provvedimento di risoluzione del subappalto, ritenendolo privo dei necessari presupposti tecnici e giuridici. Nonostante ciò – si legge – l’appaltatore ha scelto di confermare la risoluzione, adottando una decisione unilaterale che il Consorzio giudica non supportata né dai fatti né dalle condizioni reali del cantiere”. Lo scenario che si delinea in futuro è quella di una probabile lite giudiziaria tra le parti. “Il Consorzio annuncia che tutelerà nelle sedi competenti ogni proprio diritto e interesse, attivando tutte le iniziative utili a ottenere il ristoro dei danni subiti e a garantire una corretta ricostruzione degli eventi”, conclude la nota.

