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Il clan Nizza e la droga: tra valanghe di soldi, alleanze con altri clan e dissidi tra padri e figli

Il clan Nizza e la droga: tra valanghe di soldi, alleanze con altri clan e dissidi tra padri e figli
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L’interesse dei Nizza nei confronti della droga sarebbe stato tale da travalicare le separazioni tra i clan.



“Siamo tutti una cosa”. La cosa indicata da Maria Rosaria Nicolosi, moglie del boss Giovanni Nizza, era la famiglia. Di sangue e di mafia. La donna, tra gli arrestati del blitz Naumachia, avrebbe ambito a ritagliarsi un ruolo che andasse ben oltre quello della first lady del gruppo criminale che, nel capoluogo etneo, storicamente ha il proprio business nel traffico di stupefacenti.

La centralità di Nicolosi sarebbe passata dall’essere il principale canale di comunicazione con l’esterno del marito Giovanni Nizza, quello che dei cinque fratelli fondatori del clan era con la posizione più privilegiata: né pentito né al 41 bis. Ridurre però la posizione della 47enne a mera messaggera non sarebbe corretto per il gip Pietro Currò, che ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere fatta dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia.
A rischiare l’arresto sono anche le cognate Ivana Maugeri, Anna Venturino e Francesca Mirabella. Per loro, però, il giudice per le indagini preliminari ha deciso di pronunciarsi dopo l’interrogatorio preventivo.

Stipendi e unità

Nelle quasi cinquecento pagine di ordinanza, sono diversi i passaggi in cui l’attenzione degli inquirenti è rivolta alle donne della famiglia Nizza. Spesso il tema sono i soldi. E nel mondo in cui si muove il clan Nizza, parlare di soldi significa discutere di droga.

Nel corso delle indagini, gli investigatori sono riusciti a ricostruire le somme che spettavano agli esponenti della famiglia dal ricavato delle piazze di spaccio gestite nei quartieri San Giovanni Galermo, Librino, San Cristoforo e Civita. Alle mogli dei fratelli Nizza toccavano duemila euro al mese.

Una delle occasioni in cui si fanno i conti in famiglia, ragionando di come vengono ripartiti i guadagni risale a metà gennaio del 2021. Maria Rosaria Nicolosi rivela di aver saputo che il figlio Natalino Nizza – nel 2024 condannato all’ergastolo insieme a Sam Privitera per l’omicidio di Enzo Timonieri – aveva intenzione di spacciare per conto proprio. “A me dello stipendio che ti danno a te non mi interessa – aveva detto alla madre – Io mi metto sotto il mio balcone, sotto il mio porticato e spaccio per conto mio. Almeno se i cento euro li devo guadagnare, me li guadagno per me”.

Un’idea che non era condivisa da Dario Nizza, cugino di Natalino e arrestato ieri nel bltiz. “Ti dico una cosa zia: io lo potrei fare anche benissimo, mi farei prestare ventimila euro, capiscimi e mi faccio le mie cose, aiuto a mia madre e non mi interessa di nessuno – ragionava l’allora 27enne – Io non ce la faccio perché so che lo zio Giovanni ha preso venti anni per noialtri, lo zio Daniele ha preso trent’anni, lo zio Andrea ha preso trent’anni”. Parole che avevano portato Maria Rosaria Nicolosi a concordare con il nipote: “Siamo tutti la stessa cosa”.

Affari e pretese

Per quanta condivisione e solidarietà ci fosse tra i Nizza, l’argomento denaro avrebbe anche suscitato momenti di frizioni.
Il collaboratore di giustizia Salvatore Scavone ha raccontato ai magistrati che Giovanni Nizza aveva preteso da se stesso e dal figlio Natalino il versamento di 300mila euro. “In una telefonata a Natalino gli aveva chiesto questa somma. Avevamo guadagnato circa 50mila per una vendita di stupefacenti e ho proposto a Natalino di dare a suo padre 30mila o 40mila euro per farlo stare tranquillo e poi noi ci saremmo rifatti con i soldi del gruppo provenienti dalle piazze, facendo dei tagli agli stipendi mensili per i detenuti”, ha spiegato Scavone.
I soldi sarebbero stati versati da Natalino Nizza alla madre Maria Rosaria, ma successivamente il padre avrebbe negato di averli ricevuti e la donna avrebbe detto che il figlio aveva deciso di riprendersi il denaro. Una ricostruzione che lo stesso Natalino Nizza aveva rigettato, al punto da confidare a Scavone che “aspettava solo il momento di poter incontrare suo padre per ammazzarlo con le sue mani”.

Il business prima di tutti

L’interesse dei Nizza nei confronti della droga sarebbe stato tale da travalicare le separazioni tra i clan.
A fine 2021, Giovanni Nizza avrebbe mandato una lettera ordinando di unificare le piazze di spaccio gestite a San Giovanni Galermo con quelle controllate dai Cappello nella stessa zona. “Se fosse venuto Ciccio Napoli o altri della famiglia Santapaola a chiedere spiegazioni avremmo dovuto dire che la droga era il nostro business e lo avremmo fatto con chi volevamo, ma come mafia restavamo sempre famiglia Santapaola”, ha rivelato Scavone.