Classi con venti alunni, di cui sei con disabilità e almeno cinque docenti
Come ogni anno a marzo i dirigenti scolastici, alla luce delle iscrizioni che sono state effettuate entro il 30 gennaio scorso per l’anno scolastico 2023/24, formulano il piano delle nuove classi a cui è strettamente collegato l’organico e riferiscono in collegio docenti.
La musica non è cambiata, ma è rimasta sempre la stessa: “L’Ufficio scolastico autorizza lo stesso numero di classi, tante quante sono in uscita (cioè tante prime quante sono le classi licenziate nell’anno scolastico precedente)”. Di conseguenza, si derogherà sistematicamente al principio stabilito per legge di massimo 20 alunni nelle prime classi dove ci siano alunni con disabilità, basta che il dirigente assicuri di adottare tutte le misure necessarie all’inclusione.
Ma come si fa a fare scuola ad esempio con 60 alunni iscritti alle prime classi di un Istituto Alberghiero di cui 20 con disabilità? La tendenza è di autorizzare al massimo 3 prime classi e in ciascuna ci saranno minimo 6 alunni con disabilità e almeno 4 docenti di sostegno assegnati. Immaginatevi la situazione di classi di circa 30 metri quadrati con venti alunni, di cui sei con disabilità e almeno cinque docenti (un curricolare e quattro docenti di sostegno). Ecco che il dirigente propone: “Ci saranno tanti strumenti dai fondi del PNRR, quindi potrete organizzare il lavoro in maniera diversa anche fuori dalle classi!”. Ma, allora, dov’è la tanto conclamata inclusione? Senza dimenticare che in molte scuole, grazie all’autonomia scolastica, si adotta il piano orario con lezioni dal 50 minuti!
Una sola è la speranza per una scuola di qualità: la diminuzione, ahimè, della popolazione scolastica – si segnala una contrazione di 1,4 milioni di alunni nei prossimi 11 anni – che rende l’Italia sempre più anziana. Solo così si potranno avere classi meno affollate, dove lavorare in modo proficuo.
Twitter: @LRussoQdS