Sicilia

I 37 anni della morte del piccolo Claudio Domino, in suo onore uno spettacolo dei pupi

È l’ultimo spettacolo – in ordine di creazione – del ciclo dei pupi antimafia quello che il puparo Angelo Sicilia ha dedicato a Claudio Domino, vittima innocente di mafia all’età di 11 anni. Venerdì prossimo, alle 10, in occasione del 37esimo anniversario dell’omicidio (avvenuto il 7 ottobre 1986) sarà portato in scena all’Istituto comprensivo statale ‘Ignazio Florio-San Lorenzo’, a Palermo, nella scuola che Claudio frequentava. Angelo Sicilia conosceva molto bene Claudio Domino e la sua famiglia avendo vissuto la sua infanzia nello stesso quartiere San Lorenzo, a Palermo. Erano insieme a giocare con altri bambini quel pomeriggio del 7 ottobre di 37 anni fa, fino a poco prima che uno sparo colpisse brutalmente la giovane vittima.

Lo spettacolo per Claudio Domino

“Claudio Domino era un bambino. E così lo racconteremo in scena. Nella sua naturalezza, nella vivacità e nella bellezza che gli appartenevano – spiega Angelo Sicilia, da 25 anni impegnato in un lavoro educativo e di diffusione di una cultura antimafia attraverso l’arte -. Sono trascorsi 37 anni dall’omicidio e 25 dall’inizio della mia attività artistica. Dopo la morte, per rispetto, con la famiglia di Claudio abbiamo deciso di non portare in scena la sua storia. Oggi è arrivato il momento. Proprio quest’estate la famiglia mi ha chiesto disponibilità a rappresentarla. E ho accettato. Non senza difficoltà. Perché, tra i protagonisti, ci sono anch’io”.

Lo spettacolo è stato realizzato di concerto con la famiglia Domino. I contenuti sono trattati nel rispetto della verità dei fatti. “Racconteremo quello che faceva un bambino, che tutti conoscevano nel quartiere. Un bambino gioioso, vivace, un bellissimo bambino dai capelli biondi. Ucciso senza un perché – continua Sicilia -. Vorrei che questo spettacolo fosse un’occasione per riaprire il caso, che, dopo 37 anni, non ha un colpevole. Non c’è giustizia ancora, né verità. In questo spettacolo riemerge una ferita ancora aperta. Il sangue di questo bambino scorre ancora in questa terra – conclude Sicilia -. È una storia che ci ha cambiato la vita e ci ha imposto di scegliere ancora una volta da che parte stare”.

Immagine d’archivio