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Coface: vino europeo vive squilibrio strutturale tra domanda e offerta

Coface: vino europeo vive squilibrio strutturale tra domanda e offerta

“Riduzione delle superfici vitate insufficiente nel lungo periodo”

Milano, 19 dic. (askanews) – All’inizio di dicembre la Commissione europea ha approvato un piano di sostegno al settore vinicolo, ma secondo Coface l’intervento agisce solo in modo parziale su una crisi che ha natura strutturale. Il vino europeo si trova infatti in una fase di squilibrio tra domanda e offerta, determinato dal calo dei consumi interni, dalle difficoltà sui mercati internazionali e da un modello produttivo che fatica ad adattarsi al cambiamento.

I dati confermano la portata del fenomeno: dal 2000 a oggi il consumo di vino in Europa è diminuito del 35%, mentre Francia, Spagna e Italia continuano a rappresentare complessivamente circa il 60% della produzione mondiale. A livello globale, le stime indicano per il 2025 un consumo pari a 214 milioni di ettolitri, uno dei livelli più bassi mai registrati. Negli ultimi dieci anni, produzione e consumo mondiali sono entrambi diminuiti di circa il 10%, ma la contrazione risulta più accentuata in Europa, dove la domanda è calata del 25% rispetto all’inizio del secolo.

Per il player mondiale nella gestione del rischio credito commerciale, il piano di sostegno approvato a Bruxelles si concentra prevalentemente sull’estirpazione permanente dei vigneti, con l’obiettivo di ridurre l’offerta in un contesto di domanda debole. In Francia sono stati stanziati 130 milioni di euro per finanziare l’estirpazione con un contributo di 4.000 euro per ettaro. Secondo le stime, il piano francese dovrebbe portare al ritiro dal mercato di circa 1,5 milioni di ettolitri, pari a poco più del 10% dell’eccedenza di offerta prevista per il 2025.

Per Coface, tuttavia, un intervento centrato quasi esclusivamente sulla riduzione delle superfici vitate non è sufficiente ad affrontare uno squilibrio che riguarda anche la domanda e le trasformazioni delle abitudini di consumo. In questo scenario, la struttura produttiva europea mostra segni di tensione, con una crescente pressione sui vini di fascia base e un progressivo riassetto degli equilibri tra i principali Paesi produttori. La Francia ha già perso il primato di primo produttore mondiale a favore dell’Italia. Alle difficoltà interne si aggiungono quelle sui mercati esteri. In Cina il consumo di vino è diminuito di oltre il 60% rispetto ai livelli precedenti alla pandemia, riducendo uno sbocco che per anni era stato considerato strategico. Negli Stati Uniti, l’introduzione di nuove barriere doganali e un contesto commerciale più complesso stanno rendendo più difficile l’accesso al mercato per i produttori europei, aggravando le criticità di un settore già sotto pressione.

La focalizzazione sull’estirpazione rischia inoltre di nascondere le profonde differenze tra territori e modelli produttivi. I vini di fascia base, in particolare in alcune aree del sud-est della Francia, si trovano a fronteggiare una concorrenza crescente da parte dei Paesi extraeuropei e una domanda in contrazione. In questo contesto, una strategia basata esclusivamente sulla riduzione dell’offerta appare insufficiente a garantire la sostenibilità di lungo periodo.

Secondo Pietro Vargiu, Country Manager di Coface Italia, “il calo dei consumi, il cambiamento delle abitudini dei consumatori e le crescenti difficoltà sui mercati internazionali impongono alle imprese una profonda revisione delle strategie commerciali e di posizionamento”, sottolineando come per i produttori più esposti sulle fasce di prezzo più basse diventi essenziale rafforzare la solidità finanziaria, diversificare i mercati di sbocco e gestire con attenzione il rischio di credito. In un contesto definito complesso e volatile, ha concluso, “la capacità di anticipare i rischi e proteggere la liquidità rappresenta un fattore chiave per garantire continuità operativa e sostenibilità nel lungo periodo”.

Una valutazione analoga arriva anche da Simon Lacoume, economista di settore, secondo cui “l’industria vinicola europea sta attraversando una crisi senza precedenti” e le misure attualmente in campo, pur necessarie, “non sono sufficienti a reinventare il settore in modo sostenibile”.