La denuncia, urlata a Sala d’Ercole, è stata fatta dal deputato Ismaele La Vardera. Ma come nella pallavolo, il leader di Controcorrente ha alzato palla ed altro deputato ha schiacciato. Il caso è quello dei comandati, in particolare al Dasoe, il Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico. All’Ars diventa così di pubblico dominio, quantomeno parlamentare, l’elenco dei comandati tra i quali spicca la figlia del direttore generale del Dipartimento pianificazione strategica dell’Assessorato regionale alla Salute. Salvatore Iacolino, forzista, in attesa di soluzione sul dopo direzione generale della pianificazione strategica già motivo di attrito nella coalizione di governo, pare avere motivo di orgoglio per la figlia dirigente medico – proveniente dall’Asp di Agrigento – che comandata al Dasoe percepisce adesso 109 mila euro annui con un contratto Pnrr. La Vardera ha citato due nomi in aula, il secondo dei quali è quello della moglie del sindaco di Palermo Roberto Lagalla. La moglie del primo cittadino, proveniente dal Villa Sofia – Cervello, al Dasoe percepisce 127 mila euro annui.
Lo scontro
La denuncia fatta a Sala d’Ercole alla presenza dell’assessore alla Salute non ha trovato impreparata Daniela Faraoni che, pur fuori contesto anche in replica, ha subito chiarito di aver disposto lei la ricognizione da cui il deputato ha attinto le informazioni e che questa è stata disposta proprio per avere un quadro più chiaro di quanto avvenuto prima del proprio insediamento in Assessorato. Daniela Faraoni, assessore da quasi un anno, non si è scomposta di fronte all’indignazione di parte della deputazione di opposizione, ma ha invece fatto intendere che non necessariamente le cose resteranno così come allo stato attuale. Poco per Michele Catanzaro, capogruppo del Partito Democratico all’Ars che ha commentato la “notizia” affermando che “quanto emerso in Aula durante la discussione sulla Finanziaria regionale, è l’ennesima nefandezza sulla sanità”. La conferma, secondo il deputato Pd, che “dietro il diritto alla salute dei siciliani si consumano giochi di potere inaccettabili”.
La proposta di Antonello Cracolici
A schiacciare è però il collega di partito e presidente della Commissione antimafia ed anticorruzione dell’Ars. Antonello Cracolici ha infatti subito chiarito che “la misura del personale comandato all’Assessorato alla Salute è stata attivata almeno 15 anni fa”, che “era contenuta nella legge di riforma del 2009” e che “la norma che autorizzava – prima l’assessorato alla Salute e poi qualche anno dopo quello al bilancio – di avvalersi di personale comandato da altre amministrazioni riguardava una decina di unità al massimo” ma “oggi siamo arrivati a oltre 29”. Qui la proposta lanciata in aula da Cracolici: “Credo sia arrivato il momento di istituire una commissione di inchiesta sulla sanità e sulla gestione dell’assessorato in Sicilia, abbiamo il dovere di capire cosa è successo nella nostra Regione”. Una commissione parlamentare dedicata esclusivamente allo stato di salute della Sanità siciliana, da sempre teatro di inchieste giudiziarie come attualmente in diverse procure siciliane.
Cracolici: “C’è un problema all’interno dell’assessorato”
“La commissione Antimafia – chiarisce inoltre Antonello Cracolici – si sta, tra l’altro, occupando della gara sugli elicotteri del 118 su cui è intervenuta pesantemente l’Anac con una richiesta di chiarimenti all’amministrazione regionale, rilevando che l’expertise non aveva le competenze specifiche richieste, mentre il rup non poteva essere reiterato secondo le norme anticorruzione. E’ evidente che c’è un problema all’interno dell’assessorato, chi ha fatto queste operazioni doveva avere una copertura politica da parte delle autorità di governo”. Massimo riserbo sul fascicolo sanità della Commissione antimafia, ma l’anticipazione non rivela grandi anticipazioni sui lavori. Anche perché non si tratta di rivelazione. La collega deputata di maggioranza, Margherita La Rocca Ruvolo, di Forza Italia, è intervenuta in merito alla vicenda, ricordando gli esposti fatti alla Corte dei Conti ed all’Anac e che entrambe le istituzioni non le hanno dato torto.

