Come l’Arte può svelare il mondo in cui viviamo - QdS

Come l’Arte può svelare il mondo in cui viviamo

Giuseppe Lazzaro Danzuso

Come l’Arte può svelare il mondo in cui viviamo

giovedì 27 Gennaio 2022

CATANIA – Da qualche decennio Giuseppe Frazzetto, analizzando l’Arte ci svela il mondo che viviamo. Sempre meno umano come appare da “Nuvole sul grattacielo” (Quodlibet Studio, 208 pagine, 18 euro). Da questo “Saggio sull’apocalisse estetica”, infatti, emerge prepotente la costante angoscia delle nostre esistenze che cerchiamo di annegare nel ciarpame digitale.

Per Frazzetto l’esplosione dei selfie cela il dubbio di non esistere, una sorta di green pass per quei social media che appaiono non luogo abitato da spettri, karaoke della vita. I non nativi digitali sono stati deportati nei territori della disintermediazione: il Singolo è solo … insieme a una macchina che non sa azionare … La difficoltà viene trasformata in sfida … Gamification. E al centro di tutto c’è Solaris – il riferimento è al pianeta materializzatore di sogni immaginato da Stanislaw Lem negli anni Sessanta – ossia l’infotainment, che sollazza distorce e dà la nausea, prendendoci per idioti illudendoci di farci sapienti. Solaris … ci vampirizza. Ci trasforma in potenziali artisti, produttori, performer… ha innumerevoli autori … privi d’autorevolezza: noi.

L’Autore descrive impietosamente la vertigine della nostra assurda vita-mashup (un frullato di frammenti eterogenei), in cui il Collettivo digitale che addestra ogni Singolo a rendersi disponibile a un costante mutamento… un nulla modificabile, ci fagocita rendendoci incapaci di distinguere i “fatti” dai “fattoidi”, la “verità” dalla “menzogna”. E intanto si attenua la «distanza» dalle macchine… fino a renderci quasi ibridati… automi… almeno in parte.

Così, secondo Frazzetto, l’individuo, o quel che ne rimane, si difende tentando di dominare l’esistente mediante la replica per immagini dell’esistente: selfie, meme, Nft. Nell’illusione di essere in contatto con l’Universo ma in realtà nel chiuso delle echo-chambers. È quella che l’autore definisce cerimonia del me/mondo: una collezione di istanti impresenti… mediati da immagini. Istanti qualunque. Con il sospetto d’una irredimibile insensatezza.

L’angosciante analisi non prospetta soluzioni salvifiche. Se non indirette. La necessità di riappropriarsi di miti non istantanei, la rivalutazione della pittura, non “medium obsoleto”, ma, unica … tra le attività umane, che sia partita dalla preistoria… e capace dunque di dare il senso del passato come scrive Monica Ferrando, autrice della prefazione.

E l’impressione che il dubbio del non esistere che è causa di tutto potrebbe essere lenito dal buon vecchio cogito ergo sum.

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