La denuncia di Stefano Messina, presidente di Assarmatori: “Potremmo essere costretti a fermare le navi”. Aziende allo stremo, non vendono biglietti in queste settimane e nessuno prenota più per il periodo estivo
di Giampiero Valenza
PALERMO – L’emergenza Coronavirus ha messo in ginocchio il comparto marittimo italiano. Il settore dello shipping (composto dalle crociere, dal trasporto merci e passeggeri e da quello dei servizi portuali) è in crisi nera. Le organizzazioni del settore hanno chiesto al Governo un intervento per evitare che, una volta terminata la fase di crisi, il comparto possa risollevarsi.
Tra coloro i quali hanno chiesto un intervento al ministro delle Infrastrutture e Trasporti Paola de Micheli, c’è il presidente di Assarmatori, Stefano Messina. “Le aziende che gestiscono i traghetti sono allo stremo, visto che non solo non si vendono più biglietti per le corse in partenza in queste settimane, ma nessuno prenota più nemmeno per il periodo estivo – dice – E’ venuto insomma a mancare quel flusso di liquidità che permetteva alle compagnie di fare cassa. Con i ricavi primaverili ed estivi le aziende hanno sempre messo a posto i conti di in un settore che, strutturalmente, da ottobre a marzo ha un margine operativo negativo. Mancando questi soldi tra breve saremo costretti a fermare le navi. Non è mai successo, ma potrebbe accadere ora”.
Al governo gli armatori hanno fatto presente in più occasioni che anche al settore marittimo devono essere garantiti i benefici che sono stati concessi con l’art. 79 del decreto Cura Italia al settore aereo. Per chi lavora in mare, infatti, entrambi sono servizi di collegamento indispensabili per i cittadini e per il mantenimento del sistema economico nazionale. Tutti e due, inoltre, sono stati messi in crisi da una calamità naturale, ed è questa una condizione che va riconosciuta.
Chiedono inoltre che venga assicurato anche alle imprese l’accesso ai meccanismi di garanzia previsti dall’art. 57 dello stesso decreto firmato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte e che inoltre venga integrato con capitali pubblici il fondo Solimare, strumento bilaterale di sostegno al reddito per i marittimi disoccupati, finora finanziato solo con i soldi delle imprese e dei lavoratori. Le risorse in cassa sono infatti insufficienti per reggere una crisi del genere.
In Sicilia il danno si fa sentire particolarmente. Le tratte sono diverse. In ballo ci sono quelle che collegano l’isola alla Liguria, alla Sardegna, alla Campania, al Lazio, alla Toscana, alla Puglia, all’Emilia-Romagna, fino ai collegamenti delle isole minori o al corto raggio che collega la Sicilia alla Calabria.
In totale l’Italia è il primo Paese al mondo per principali flotte di navi traghetto per passeggeri, con più di 250 imbarcazioni per più di 5 milioni di tonnellate di stazza. Sul fronte dei trasporti passeggeri è il primo tra i Paesi dell’Unione europea con 24,8 milioni di passeggeri sulle tratte internazionali (esclusi i croceristi) di cui quasi 1,3 milioni su relazioni con i Paesi extra Ue. Ma i collegamenti con le isole italiane di Sicilia e Sardegna (comprese le minori collegate), movimentano, in media, più di 15 milioni di passeggeri.
Il mercato, in Sicilia, è profondo. Basti pensare come nelle sole imprese associate ad Assarmatori sul territorio nazionale, lavorano più di 5.500 persone, ai quali vanno aggiunti gli indotti di biglietterie, terminal, imprese portuali presenti nei porti nazionali.
Stando ad alcuni dati di Assoporti del 2015, il Porto di Messina è il più trafficato in Italia per numero di passeggeri, con 7.909.000. Palermo è l’ottavo con 1.815.000. Per flusso di merci, invece, il primo porto siciliano è quello di Augusta (dati 2018). A seguire, al dodicesimo posto, Messina, e al ventesimo Catania. Al ventiduesimo, Palermo.