Comunità discendenti italiani nel mondo sono una risorsa ma l’Italia non le valorizza - QdS

Comunità discendenti italiani nel mondo sono una risorsa ma l’Italia non le valorizza

Comunità discendenti italiani nel mondo sono una risorsa ma l’Italia non le valorizza

Lorenzo Tavazzi  |
martedì 12 Settembre 2023

Studio realizzato da The European House - Ambrosetti e dalla National Italian American Foundation. Si stima che generino all’estero un valore economico superiore ai 2.500 miliardi di euro

Oggi nel mondo i discendenti degli italiani emigrati a cavallo della seconda metà del 1800 e del 1900 sono oltre 80 milioni, più della popolazione dell’Italia (oggi poco meno di 60 milioni).

Lo studio “Valorizzare il potere della diaspora italiana globale. Come gestire in maniera strategica un asset di valore per il sistema-Paese”, realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con la National Italian American Foundation – NIAF e presentato al Governo italiano in occasione della 49° edizione del Forum di Cernobbio, ha aperto una finestra su una realtà non sufficientemente riconosciuta nel contributo che può portare alla crescita del nostro Paese.

Quella italiana è infatti una delle diaspore più rilevanti in termini quantitativi della storia recente e sicuramente può essere definita un caso di successo per il contributo che ha dato a radicare l’”italianità” nel mondo. Tra il XIX e il XX secolo, oltre 30 milioni di italiani hanno lasciato il Paese alla ricerca di migliori opportunità di vita. Durante la Grande Emigrazione (1900-1915), il periodo migratorio di maggior rilievo con un flusso di emigrati italiani di 9 milioni, fu proprio la Sicilia ad alimentare il flusso con oltre 1,1 milioni di emigrati.

L’emigrazione italiana – e questa è una ulteriore caratteristica distintiva – ha toccato tutti i continenti: dalle Americhe, all’Europa, spingendosi all’Africa, all’Asia fino all’Australia. Attualmente, è il continente americano ad accogliere il numero maggiore di discendenti della diaspora, con circa 70 milioni di persone tra Brasile, Argentina e Stati Uniti.

Anche oggi l’Italia rimane un Paese con un’elevata mobilità delle persone: secondo i dati più recenti sono quasi 6 milioni gli italiani residenti all’estero. Tra questi molti giovani, sempre più donne e un numero crescente di laureati.

Nel leggere questo fenomeno occorre però un cambio di prospettiva: la diaspora non dovrebbe più essere vista in termini di “talenti perduti”, bensì come una risorsa diffusa nel mondo che l’Italia ha a disposizione.
Le popolazioni di origine italiana, si stima, generano un valore economico nei Paesi dove sono insediate superiore ai 2.500 miliardi di Euro. Inoltre, rappresentano un canale fondamentale per il rafforzamento dell’immagine e della reputazione dell’Italia nel mondo, preservando al contempo la sua identità storica e promuovendone la cultura.

Attraverso un forte radicamento verso la Patria di origine degli avi e agendo come “ambasciatori” dell’Italia, le comunità della diaspora possono favorire la crescita dell’interscambio commerciale, l’attrazione di nuovi investimenti, lo sviluppo delle relazioni politiche e, non ultimo, il soft power dell’Italia.

Italianità, effetti diretti e indiretti per 200 miliardi sulle filiere produttive

Intere filiere produttive possono essere stimolate dalla valorizzazione del rapporto tra l’Italia e la sua diaspora: ad esempio il “turismo delle radici”, cioè l’attrazione in Italia delle comunità della diaspora italiana, ha un valore potenziale di oltre 90 miliardi di Euro, che salgono a quasi 200 miliardi di Euro considerando gli effetti indiretti e indotti sul resto dell’economia del nostro Paese.

La valorizzazione della rete della diaspora è una precisa strategia competitiva e geopolitica promossa da molti Paesi nel mondo. Tra questi, la Cina e la Francia da tempo interpretano le loro diaspore come leve per la crescita attraverso azioni relazionali a tutto campo e risorse dedicate. Anche l’Irlanda, con l’obiettivo di sfruttare al meglio le opportunità economiche, commerciali e politiche derivanti dalla diaspora, ha lanciato nel 2015 il programma di indirizzo “Global Irish: Ireland’s Diaspora Policy”.

L’Italia, viceversa, non ha dedicato sufficiente attenzione a valorizzare la relazione con la propria diaspora: questo è un autogol strategico. Per recuperare il terreno perduto occorre una comunicazione più completa ed efficace alle comunità diasporiche, che valorizzi la realtà attuale del Paese e superi l’“effetto nostalgia” di un’Italia stereotipata nel passato.

In questo la promozione della lingua italiana all’estero tramite il rafforzamento della rete degli Istituti Italiani di Cultura (ne abbiamo 2,5 volte meno di quelli francesi o inglesi e 6 volte meno di quelli cinesi – 85 sedi italiane nel mondo rispetto alle 540 cinesi).

È inoltre fondamentale velocizzare le procedure per la doppia cittadinanza, che oggi arrivano a durare in media 4/5 anni rispetto ai 6 mesi nel Regno Unito, con un ripotenziamento delle strutture consolari che negli ultimi anni hanno subito tagli progressivi. Infine, così come fa la Francia, occorre prevedere meccanismi, anche finanziari, per una relazione continuativa e strutturale con le associazioni che rappresentano le comunità diasporiche italiane nei vari Paesi, così come rafforzare il sostegno ai programmi di ricerca e formazione dedicati a ricercatori e studenti di origine italiana. Di tutto questo il nostro Paese non potrà che trarne un grande beneficio.

Lorenzo Tavazzi
Partner e Responsabile dello sviluppo internazionale, The European House – Ambrosetti

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