Un vecchio detto, pieno di buonsenso ma anche insidioso, recita “Con un No ti sciogli, con un Si ti imbrogli”. Sembra un incentivo a dire sempre di No, cosicché si è sicuri di non sbagliare.
È la regola che seguono gli irresponsabili, i quali cercano di non prendere decisioni, anche quando sono doverose, in modo da evitare pericoli che possono incombere sul loro operato.
Così facendo dimostrano due cose: pavidità, perché non hanno il coraggio delle proprie azioni; mancanza di senso del dovere perché non si chiedono se la loro inazione corrisponda al merito, necessario per giustificare il compenso che percepiscono.
La questione che poniamo vale per il ceto politico e burocratico, che si sono deresponsabilizzati. Non fanno quello che dovrebbero nell’interesse generale, la cui azione spesso non è percepita dal cosiddetto popolo, per la semplice ragione che pensano più all’oggi e al soddisfacimento dei propri bisogni materiali piuttosto che al domani.
Ceti politico e burocratico degni di questo nome, invece, dovrebbero essere capaci di guardare al domani e al dopodomani, mettendo in atto progetti poliennali di medio e lungo periodo, perseguendo il vero benessere dei cittadini che consiste nel cambiare le situazioni di crisi in situazioni positive.
Questi ceti, politico e burocratico, sono mediamente scadenti, anche se al loro interno vi sono persone di grande intelligenza e cultura, capaci di attuare progetti poliennali. Ma esse sono volutamente tenute ai margini da coloro che invece puntano al consenso giorno per giorno, notte per notte.
L’inondazione dei loro messaggi e dei loro post sui social network indica la volontà di mantenere un consenso giornaliero piuttosto che di medio periodo. Questo è il comportamento di nani della politica e non di statisti, come ve ne sono stati tanti nel passato, nel nostro Paese.
Dunque, la negazione consente di non assumere impegni e corrisponde al non fare. Ovviamente questo comportamento può essere adottato da chi comunque percepisca compensi non meritati. Al rovescio, chi non ha sicurezza nel procacciarsi il cibo si comporta all’opposto, cioè guarda lontano.
Diverso ragionamento riguarda il fare. Volutamente il detto popolare recita Con un sì ti imbrogli. Il fare comporta rischi, impegno, abnegazione. Il fare è fonte anche di preoccupazione perché non sempre la ciambella riesce col buco, con la conseguenza che quando le cose non vanno come previsto emergono responsabilità cui ognuno deve far fronte.
E però, senza l’assunzione di responsabilità, senza i ripetuti tentativi, alcuni dei quali possono non riuscire, non si va avanti, non c’è progresso; l’umanità resta al palo.
Per fortuna, in questi millenni, non è andata così perché l’essere umano è uscito dalle caverne ed è arrivato sulla luna: un bel progresso, frutto di persone impegnate, che si sono sacrificate per gli altri a cui hanno reso un vero servizio. Quel servizio che è una bandiera dei Club-service, ma che spesso resta a livello di buone intenzioni. Si sa che la strada dell’inferno è cosparsa di buone intenzioni.
Albert Einstein (1879-1955) sosteneva che senza la Santa crisi non c’è sviluppo e che essa è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi Paesi perché è proprio la crisi a portare il progresso.
La crisi è una conseguenza del fare quando esso non funziona, per cui bisogna avere la capacità di rialzarsi dopo la caduta, di ricominciare, di provare e riprovare fino a quando non si consegua un risultato positivo.
La crisi deriva dall’incompetenza e dalla mancanza di volontà di acquisire saperi che sono l’unico propellente idoneo a far crescere ogni cittadino e l’intera aggregazione di cittadini.
Senza il fallimento non si cresce. ecco perché bisogna affrontare le difficoltà con coraggio, non preoccupandosi di un eventuale risultato negativo, perché dopo si può ricominciare fino a quando non arriva quello positivo.
Nei nostri giorni sentiamo tanti responsabili delle istituzioni che continuano a dire No a questo e a quello, mentre dovrebbero dire Sì perché solo facendo, possibilmente bene, si alimenta il progresso di cui tutti abbiamo bisogno e a cui tutti dobbiamo concorrere.
