Louis D. Brandeis è stato un eminente giurista ed economista americano della prima metà del ‘900
L’esigenza di un bilanciamento fra potere del capitale e democrazia economica non fu solo italiana ma fu presente in tutti i principali paesi, in primo luogo in Germania ma anche negli Stati Uniti proprio nel periodo della formazione dei grandi trust, delle grandi banche d’affari, dell’accumulo dei grandi patrimoni e della concentrazione dei redditi.
Per conoscere questo periodo e le forti analogie con i nostri anni siamo oggi favoriti da un libro da poco uscito in Italia, edito negli Stati Uniti nel 1913 che unisce nove articoli pubblicati nello stesso anno, su Harper’s Weekly, dal giurista ed economista Louis D. Brandeis, “I soldi degli altri e come i banchieri li usano”, (Edizioni di storia e letteratura, 2014).
Louis D. Brandeis è stato un eminente giurista ed economista americano della prima metà del ‘900. Ha assistito al formarsi delle grandi concentrazioni di potere finanziario, alla nascita dei grandi trust dell’acciaio, del petrolio, delle ferrovie, all’emergere delle grandi banche favorite dall’unione tra le attività di banca commerciale o di deposito e le attività di banche d’affari (la loro forza era basata, appunto, sulla possibilità di usare i soldi degli altri, dei depositanti, per i propri investimenti e affari). Si è battuto per l’intera vita contro la concentrazione del potere finanziario, come coautore della legislazione antitrust, come pubblicista battagliero, come stretto col-laboratore di Wilson nella campagna per la presidenza (vinta da Wilson) nel 1912. E’ interessante osservare che l’unico antidoto che Brandeis vede possibile per opporsi allo strapotere dei grandi conglomerati finanziari è proprio il modello europeo del credito cooperativo e l’unico italiano citato nel libro è Luzzati, alfiere dello stesso. Dal 1915 al 1939, Brandeis è stato giudice della Corte Suprema degli Usa, da dove ha condotto le sue continue battaglie contro i monopoli e le concentrazioni economiche e finanziarie, per la riforma del sistema bancario e la tutela dei diritti civili e del lavoro. Nel 1933, con Roosevelt vedrà realizzarsi il suo sogno della separazione, con il Glass-Steagall-Act, tra le banche commerciali (accettare depositi e fare prestiti) e le banche d’affari (fare emissioni e negoziazioni di titoli). Nel frattempo, però l’oligarchia finanziaria, usando e abusando dei “soldi degli altri” aveva guadagnato cifre colossali e acquisito un potere, anche politico, enorme, che continua ancora oggi.
L’inquietante interesse del libro è che scopriamo che oggi – dopo lo svuotamento di fatto della legislazione antitrust, l’abrogazione, sotto la presidenza Clinton, del Glass-Steagall-Act, e il ritorno all’unione tra banche commerciali e di deposito e banche d’affari, la conseguente ripartenza virulenta della concentrazione di ricchezza economica e finanziaria, il proliferare di strumenti finanziari fuori da ogni controllo (“shadow banking system”) – siamo più o meno ritornati nel sistema generale ed anche da noi, all’inizio del ‘900. Come scrive, nell’eccellente introduzione, Lapo Berti: “La sconcertante conclusione che possiamo trarre noi oggi dal libro a cento anni esatti dalla sua prima pubblicazione e nel pieno di una crisi iniziata proprio con le banche e poi dilagata all’economia intera è che i fenomeni che analizza e discute sono gli stessi nostri, nonché, per chi voglia vederle, buona parte delle soluzioni che offre”. Dunque, tutto quello che sfugge a questo insensato e pericolosissimo gigantismo va cancellato. Il credito cooperativo e di territorio è estraneo al gigantismo finanziario e, per questo, va cancellato. Questa è l’unica verosimile motivazione del provvedimento che ha portato alla scomparsa delle principali banche popolari con il suo epilogo il 29.12.2021.