Concessioni per gli stabilimenti balneari rinviate al prossimo 2027, a conclusione del mandato legislativo dell’attuale governo Meloni. Questa la decisione assunta dalla politica per lasciare che tutto rimanga com’è, almeno per il momento, con l’opportunità di poter sfruttare il tema dei balneari a proprio vantaggio in prospettiva elettorale.
Sono diverse le novità alle quali andranno incontro gli imprenditori che chiederanno di subentrare negli attuali stabilimenti al termine delle concessioni. Scopriamoli in questo articolo di approfondimento sui balneari del QdS.
Due le scadenze segnate in rosso sul calendario: giugno e settembre 2027. Ecco cosa cambierà.
Il decreto legge approvato giovedì scorso in Consiglio dei ministri decide, di fatto, di non decidere e rimandare la questione di altri tre anni. Tanta la delusione per chi si attendeva che l’Italia recepisse la direttiva Bolkenstein dell’Unione Europea riguardante le concessioni ricevuto illo tempore dagli stabilimenti balneari presenti lungo le coste italiane.
Due sono le date cerchiate in rosso sul calendario: giugno 2027, termine entro il quale i Comuni dovranno effettuare le gare sulle concessioni balneari, e settembre 2027, data a partire dalla quale le concessioni in vigore non saranno più rinviate.
Uno degli aspetti più rilevanti del decreto sulle concessioni degli stabilimenti balneari è la realizzazione di un nuovo quadro regolatorio che dovrebbe garantire una maggiore trasparenza e concorrenza nel settore. Un cambiamento che però può ancora attendere, in barba alle richieste dell’opposizione con in testa Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico.
Il Governo ha infatti previsto un periodo di transizione, durante il quale le attuali concessioni rimarranno valide fino alla fine del 2025, per permettere agli operatori di adeguarsi alle nuove regole e per consentire alle amministrazioni locali di organizzare le procedure di gara.
Il nuovo decreto legge propone di eliminare il sistema delle proroghe automatiche, introducendo invece gare pubbliche aperte per l’assegnazione delle concessioni degli stabilimenti balneari. La nuova normativa prevede anche l’istituzione di un registro delle concessioni e l’introduzione di criteri più stringenti per la valutazione delle offerte, con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale e alla tutela del patrimonio costiero.
Le concessioni balneari in Italia sono state tradizionalmente rinnovate attraverso un sistema di proroghe automatiche, una pratica che negli anni ha garantito continuità alle attività degli stabilimenti balneari, ma che ha anche sollevato problemi legati alla concorrenza e alla trasparenza.
Le proroghe in questione, stabilite dal decreto “Milleproroghe” del 2022, hanno esteso fino al 2024 le concessioni attualmente in vigore, con la possibilità di ulteriori estensioni in caso di contenziosi giudiziari o difficoltà procedurali. Questo meccanismo, se da un lato offre una garanzia di stabilità agli attuali concessionari, dall’altro pone l’Italia in una posizione di conflitto con le normative europee sulla libera concorrenza e sul diritto di accesso a beni pubblici (Bolkenstein).
Negli ultimi mesi, le (mancate) decisioni legislative sul rinnovo e la regolamentazione delle concessioni per stabilimenti balneari, avevano sollevato non poche controversie legali tra amministrazioni locali, operatori del settore e, non da ultimo, i cittadini. Lo scorso 9 agosto, a scioperare in modo simbolico – alle prime ore del mattino, orario di minor afflusso di bagnanti – erano stati proprio i proprietari degli stabilimenti balneari.
Una mossa per mettere in qualche modo pressione al governo in vista di una decisione – presa soltanto attraverso il decreto legge di giovedì scorso – rispetto al futuro delle concessioni. E ai costi – non più irrisori – ai quali andranno incontro gli imprenditori del settore.
Le nuove disposizioni hanno generato una serie di reazioni contrastanti. Da un lato, molti operatori balneari temono che l’introduzione di gare pubbliche possa mettere a rischio le loro attività, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti a lungo termine già effettuati. Alcuni esponenti del settore hanno già manifestato la propria preoccupazione, chiedendo maggiori garanzie sul futuro degli stabilimenti, ma dimenticando spesso di far riferimento alla totale indulgenza della quale hanno potuto beneficiare nel corso dei decenni di attività.
Dall’altro lato, diversi enti locali e associazioni ambientaliste accolgono con favore il nuovo approccio del governo, sottolineando la necessità di una maggiore trasparenza e di una gestione più sostenibile delle risorse costiere. Una vision che passi attraverso una maggiore responsabilità nella gestione delle spiagge, non è più procrastinabile. Tanto quanto la promozione di un turismo più sostenibile e rispettoso dell’ambiente. E, se possibile, utile anche in campagna elettorale.
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