Definitiva la confisca di un patrimonio stimato in oltre 150 milioni di euro.
Ѐ diventato definitivo, a seguito di rigetto del ricorso in Cassazione, il decreto di confisca definitiva dei beni, emesso, su proposta del Procuratore della Repubblica di Palermo, nei confronti di Andrea Impastato, nato a Cinisi e deceduto nel 2022, per un valore complessivo stimato di oltre 150 milioni di euro.
Le indagini patrimoniali, avviate dalla Polizia di Stato, segnatamente dalla Divisione Anticrimine della Questura di Palermo – Ufficio Misure di Prevenzione Patrimoniali nel 2007, coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno permesso di ricostruire il patrimonio illecito di cui Impastato risultava poter disporre direttamente o indirettamente, anche attraverso l’individuazione della sua posizione economica e finanziaria sia sotto l’aspetto statico che dinamico.
Le indagini e la maxi confisca ad Andrea Impastato
L’attività di indagine è stata indirizzata principalmente alla verifica di eventuali profili di sproporzione esistenti tra il patrimonio disponibile e il correlato profilo economico e finanziario anche in relazione alla platea di prestanome e fiduciari, principalmente reclutati all’interno del suo nucleo familiare, che avrebbero consentito a Impastato, nel tempo, di realizzare un “impero economico” costituito da numerose imprese operanti nel settore edile, in quello dei trasporti, dell’estrazione del materiale da cava, del turismo e da numerosi beni immobili.
Chi è il protagonista del caso
Andrea Impastato è figlio di Giacomo detto “u sinnacheddu”, esponente mafioso di spicco della famiglia di Cinisi, in costante relazione con i noti Badalamenti, e fratello di Luigi (classe 43), già indiziato mafioso e ucciso a Palermo a colpi d’arma da fuoco nel corso di un agguato di mafia il 22 settembre 1981.
Il 2 ottobre 2002 Impastato viene arrestato per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso al termine di una lunga e articolata indagine antimafia della Squadra Mobile di Palermo, volta a sradicare un sodalizio criminoso fattivamente impegnato ad amministrare e gestire il patrimonio corleonese.
L’imponente attività di indagine sviluppata dalla Squadra Mobile di Palermo nelle operazioni antimafia ha fatto emergere una serie di contatti di Impastato, sia personali che economici, con numerosi personaggi di spicco di Cosa Nostra, quali Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo.
Nel 2005, Impastato è stato condannato dalla Corte d’Appello di Palermo alla pena di anni 4 di reclusione, interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, libertà vigilata per uno, in quanto riconosciuto colpevole dei reati di cui agli artt. 110, 416 bis commi 1, 4 e 6 del Codice Penale.
Gli accertamenti e il provvedimento
Gli esiti degli accertamenti economico-patrimoniali effettuati dall’Ufficio Misure di Prevenzione Patrimoniali della Questura di Palermo hanno portato alle misure di prevenzione personale e patrimoniale a carico Impastato nel 2007.
A gennaio 2008, il Tribunale di Palermo ha emesso un provvedimento con il quale ha disposto il sequestro dell’ingente patrimonio riconducibile al proposto, divenuto oggetto di confisca con l’odierno decreto.
Trai i beni (siti tra le province di Palermo e Trapani), oggetto dell’importante misura ablatoria, che oggi diventano proprietà dello Stato, emergono: numerose unità immobiliari, una cava, beni agricoli tra cui numerosi appezzamenti di terreno ricadenti nelle provincie di Palermo e Trapani, complessi industriali di oltre 50 mila metri quadri, una grossa struttura alberghiera in una località di elevato interesse turistico (San Vito Lo Capo), e numerose società, attive nel settore turistico, commerciale, edilizio e dei trasporti, oltre a rapporti bancari e finanziari.
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Immagine di repertorio