Home » Conoscere la storia per progettare il futuro

Conoscere la storia per progettare il futuro

Conoscere la storia per progettare il futuro
governo

Pianificare e realizzare

Sentiamo e leggiamo su più supporti (televisivi, radio, web, quotidiani, eccetera) un vociare degli autori e delle autrici di contenuti che mostrano come costoro non guardano neanche fino alla punta del proprio naso, figuriamoci se il loro sguardo va verso il lontano passato. Questi non si rendono conto che una Comunità, per crescere adeguatamente, deve sapere con cognizione di causa tutto ciò che è accaduto, in modo da potere progettare il futuro.

Il nostro Paese è in cattive condizioni perché i Governi degli ultimi trent’anni, pur “con la discesa in campo di Berlusconi”, non hanno mai programmato lo sviluppo a medio e lungo termine. Per esempio, per quanto riguarda l’energia, se si fosse provveduto fin da allora a puntare sulle rinnovabili, oggi il nostro Paese produrrebbe energia da fonti sostenibili e sarebbe totalmente indipendente da Paesi terzi.
Sul punto, ricordiamo che la dipendenza dalla Russia è molto diminuita, ma, parallelamente, è aumentata la dipendenza dall’Algeria; quindi non è il caso di festeggiare, ma di capire come eliminare tale dipendenza.

Si dice che Storia magistra vitae, ma la verità è che essa non insegna proprio niente, in quanto le persone umane tendono a ripetere gli errori del passato. Tuttavia, a grandi linee, sapendo ciò che è accaduto si può cercare di progettare il futuro sulla base di un programma di crescita, di riequilibrio della ricchezza e di diffusione di benessere, all’insegna della sostenibilità.
Per realizzare è necessario progettare. I due verbi indicano un’azione congiunta, insieme a una forma di dipendenza reciproca, per cui nulla si realizza se non si progetta. Questa è la vera forza.
Ma quante persone sono abituate a progettare, anche a medio termine? Non tante, anche perché il loro sguardo è miope, cioè guarda talmente vicino che non è in condizione di proiettare la propria azione lontano.

Nella nostra Comunità i miopi, responsabili delle istituzioni, nell’ultimo trentennio non hanno capito che la strada per realizzare un futuro migliore è quello della progettazione equilibrata e di buonsenso, poggiata su due pilastri: le riforme e gli investimenti.
Le prime sono indispensabili per mettere a posto il funzionamento della macchina pubblica. I secondi sono altrettanto indispensabili per fare accelerare la ruota economica, in modo da produrre più ricchezza, più occupazione e più imposte.

Anziché muoversi su questo versante, codesti responsabili delle istituzioni hanno seguito la strada della depressione e cioè quella di aumentare costantemente la spesa corrente, che è esattamente il contrario della spesa per investimenti perché non fa crescere il Pil, fa aumentare la povertà, non crea ricchezza ed aumenta le uscite con il conseguente aumento del deficit del bilancio dello Stato.
Più grave della spesa corrente è l’erogazione degli emolumenti per tutti i posti cosiddetti di “sottogoverno”, cioè l’assegnazione di emolumenti a questi o a quelli solo perché raccomandati o perché hanno fatto parte di aggregazioni amicali o perché protetti per altre ragioni.
La caterva di consulenti che nominano i Governi e le Giunte regionali appena in carica sono una mostruosità, perché certificano una dispersione di risorse che dovrebbe invece essere eliminata.

I trombati, i non eletti e tutti gli altri di codeste categorie, dovrebbero tornare a fare il lavoro che facevano prima (se ce l’avevano), ovvero cercarsi un nuovo lavoro.
Considerare un incarico pubblico, seppure elettivo, come un posto di lavoro, è una deformazione della Democrazia e un non senso rispetto all’intendimento che chi svolge un incarico pubblico dovrebbe farlo gratuitamente, in quanto si tratta di un servizio alla Collettività.

Si dirà, ma se così fosse, solo chi guadagna potrebbe andare a fare il parlamentare o il consigliere regionale o comunale. Non è così, perché chi occupasse questi posti riceverebbe comunque i rimborsi spese e un’indennità pari al reddito dichiarato nell’attività.
Se il parlamentare o il consigliere regionale o comunale prima era disoccupato, gli si dovrebbe dare l’indennità di disoccupazione, oltre al rimborso delle spese e nulla più.
Basta con questi privilegi che snaturano la funzione di chi assume responsabilità pubbliche.