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Dal Consiglio dei Ministri via libera alla Manovra. Tra annunci e smentite tanti dubbi sul testo finale

Dal Consiglio dei Ministri via libera alla Manovra. Tra annunci e smentite tanti dubbi sul testo finale
Consiglio dei Ministri

Tra le questioni più scottanti quelle relative alla rottamazione quinquies e ai limiti per l’applicazione del regime forfettario

ROMA – Nei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge di bilancio 2026. Gli interventi previsti nel testo prevede interventi per un totale di circa 18 miliardi. Dalle pagine di questo Quotidiano avevamo già annunciato le probabili novità fiscali della legge. Ma mentre alcune sono state ora confermate, altre sono state completamente stravolte. Dal comunicato stampa n. 146 del 17 ottobre scorso, emergono le nuove disposizioni di natura fiscale.

Riduzione dell’Irpef per i redditi intermedi

Confermata, intanto la disposizione che riduce l’Irpef per i redditi intermedi, ossia portando al 33% l’aliquota (precedentemente pari al 35%) alla quale assoggettare i redditi del secondo scaglione, quello da 28.000 a 50.000. Tassati, inoltre, con una flat tax del 5% gli aumenti contrattuali siglati nel 2025 e 2026, ma solo per i dipendenti con reddito fino a 28.000 euro. I premi di produttività fino a 5.000 euro lordi, invece, saranno tassati all’1%. Non è andato in porto l’auspicato contemporaneo aumento del “tetto” (a 60.000) riguardante la platea dei cennati contribuenti “ceto medio”. Il limite dello scaglione resta a 50.000 euro.

D’altronde il vice ministro Leo aveva manifestato le sue perplessità su tale aumento, impossibile a causa della mancanza della relativa copertura finanziaria. Sembrerebbe sia stata stravolta, invece, la normativa sulla “rottamazione delle cartelle”, la “quinquies”. In precedenza, alla luce di diverse dichiarazioni, specialmente dello stesso vice ministro Leo, ed anche in considerazione della necessità di ridurre sensibilmente il pesantissimo “magazzino della riscossione” esistente, era emerso che questa nuova rottamazione avrebbe potuto beneficiare di una lunga dilazione, addirittura in 96 rate.

Sempre secondo le dichiarazioni rese dagli addetti ai lavori, la definizione delle cartelle non sarebbe stata consentita ai “furbetti”, a coloro i quali, cioè, l’avevano chiesta per ottenere la sospensione delle misure cautelari della riscossione, senza poi continuare a pagare le rate successive. Peraltro, si voleva evitare di generalizzare troppo la definizione, per non farla apparire un vero condono, e ciò magari limitandola a contribuenti “non recidivi”, ponendo un tetto all’importo definibile. E invece, dal comunicato stampa risulta qualcosa di diverso: “Vengono introdotti interventi di pacificazione fiscale rivolti ai contribuenti per i carichi affidati all’agente della riscossione fino al 31 dicembre 2023”.

“Questi ultimi potranno essere definiti – si legge ancora – in una unica soluzione oppure pagati in 9 anni, in 54 rate bimestrali uguali. La misura è rivolta ai contribuenti che hanno presentato la dichiarazione ma hanno omesso il pagamento. Vi è la possibilità di aderire alla misura anche per gli enti locali”. Altro punto sul quale si attendeva qualche “buona nuova” era quello che riguarda la possibilità di innalzare, da 85.000 a 100.000 il limite dei ricavi/compensi previsto per l’applicazione del regime forfettario. Una disposizione che, a prescindere dalla necessità della sua copertura finanziaria, abbisogna anche di una specifica autorizzazione Ue.

L’unica modifica riguardante i “forfettari”

Anche in questo caso le aspettative sono state disattese. L’unica modifica riguardante i “forfettari” è quella relativa al limite di “redditi di lavoro dipendente o assimilati” che impedisce l’applicazione della flat tax. Con il disegno di legge in esame, sembrerebbe che il tetto di 30.000 euro sia stato aumentato a 35.000, ampliando di poco la platea di coloro i quali possono avvalersene. Un “tetto” che continua ad essere molto basso, impedendo a molte persone, che percepiscono redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente (come le pensioni) di lavorare avvalendosi delle semplificazioni che il regime forfettario comporta. Insomma una serie di affermazioni e smentite che ancora non fanno capire quale possa essere, dopo l’approvazione parlamentare della legge di bilancio, l’assetto definitivo del fisco del 2026.