Primo detenuto morto con il Coronavirus, a venti giorni dalle rivolte che hanno agitato tante carceri italiane.
Si chiamava Vincenzo Sucato, 76 anni, arrestato nel 2018 in Sicilia per associazione mafiosa. Era considerato reggente della famiglia di Misilmeni.
Da dicembre era stato trasferito nel carcere di Bologna, dove è emersa nel frattempo la positività di altri due detenuti, per questo ora in isolamento, e di un agente della polizia penitenziaria. In quarantena anche altri quattro detenuti e tre poliziotti.
Sono 150 i tamponi eseguiti nell’istituto penitenziario, 92 su persone detenute e 58 su poliziotti. Sucato era in custodia cautelare, su ordine del Gip di Termini Imerese (Palermo), in attesa del processo di primo grado.
La morte è avvenuta all’ospedale Sant’Orsola, dove era stato ricoverato il 26 marzo, per una serie di patologie, e anche con difficoltà respiratorie.
Il suo contagio è emerso dopo il ricovero e nel frattempo, il 28 marzo, aveva ottenuto gli arresti domiciliari, su disposizione del giudice siciliano.
Se già da giorni il tema carceri allarmava, dopo questa prima morte il rischio di un contagio ampio negli istituti penitenziari è segnalato da tanti.
“La notizia non ci coglie di sorpresa, data la situazione complessiva della diffusione dell’infezione nel nostro Paese, ma ci preoccupa seriamente. Come abbiamo già detto, la situazione di sovraffollamento rappresenta un fattore di ampliamento del rischio”, dice il Garante nazionale Mauro Palma.
