Coronavirus, fuori dalla Cina sono pochi i casi autoctoni - QdS

Coronavirus, fuori dalla Cina sono pochi i casi autoctoni

redazione web

Coronavirus, fuori dalla Cina sono pochi i casi autoctoni

lunedì 10 Febbraio 2020

Marcello Tavio, presidente della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, parla di "pochi casi di importazione". "Se si spegne il focolaio in Cina - ha spiegato lo scienziato - si smorza la diffusione verso l'esterno e non si arriva alla pandemia"

“La buona notizia è che al di fuori della Cina ci sono ancora pochi casi autoctoni, ovvero casi che si sono sviluppati in persone che non sono state nei posti epicentro dell’epidemia di Coronavirus”.

La “buonissima notizia è che in Italia i contagiati sono tre e non ci sono stati nuovi casi tra quelli sospettati, segno evidente che il sistema di sorveglianza funziona.”

A fare il punto sulla situazione italiana e mondiale dell’ epidemia di Coronavirus è Marcello Tavio, 61 anni, presidente della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali (Simit). Tavio parla di “pochi casi di importazione”.

“Se si spegne il focolaio in Cina – ha detto in una intervista – si smorza la diffusione verso l’esterno e non si arriva alla pandemia”. Nel mirino degli esperti il tema del tasso di mortalità “che ci lascia molto dubbiosi”, dice Tavio.

“Attendiamo dati più precisi sui numeri degli infetti veri, che sono probabilmente molti di più di quelli contati finora”.

“Con oltre 30mila casi documentati, resta assestata intorno al 2%. Se così è, il tasso mortalità è elevato, almeno 100 o mille volte superiore all’influenza stagionale. In un certo senso, per avere un tasso di mortalità più favorevole bisogna sperare che i casi di infezione siano di più”. Per avere dati certi sulla mortalità occorre quindi, secondo l’esperto, stimare con maggiore precisione i casi effettivi.

“L’ipotesi, per esempio – dice Tavio – che i casi effettivi siano almeno 10 volte superiori a quelli contati fino ad ora, porterebbe il tasso di mortalità allo 0,2%. E questa sarebbe una buona notizia, compensata tuttavia dal fatto che gli infetti da nuovo Coronavirus dovrebbero essere 300.000, un volume difficilmente controllabile da qualunque sistema sanitario. Ecco perché dobbiamo aspettare dati più precisi, sempre continuando a distinguere con chiarezza fra dati certi ed ipotesi e interpretazioni”.

Per quanto riguarda l’Italia “fino a questo momento – afferma Tavio – il sistema di sorveglianza ha funzionato egregiamente. Gli allarmi provocati dai casi sospetti non devono creare allarmismi. Infatti se l’esito del test risulta poi negativo, significa che il sistema di allerta e di intercettazione dei casi è attivo e funziona”.

Infine la trasmissione da parte delle persone infette che restano asintomatiche “non sembra avere un significativo impatto sulla diffusione dell’epidemia, e quindi il sistema di allerta basato sui casi sintomatici resta pienamente valido”.

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