Coronavirus, le aziende del Made in Italy, "ce la faremo" - QdS

Coronavirus, le aziende del Made in Italy, “ce la faremo”

redazione web

Coronavirus, le aziende del Made in Italy, “ce la faremo”

lunedì 09 Marzo 2020

Nell'area oggetto del decreto del governo nazionale si concentra un terzo dell'eccellenza alimentare italiana, a cominciare dal parmigiano. Grazie alla salvaguardia del trasporto merci, c'è fiducia, ma si temono casi di dipendenti in quarantena

Il nuovo decreto per contenere l’emergenza sanitaria legata al coronavirus non “blocca” del tutto le aziende – con il cardine del trasporto merci che pare salvaguardato – ma l’universo produttivo del Made in Italy emiliano-romagnolo, lombardo, veneto e marchigiano resta preoccupato, soprattutto per due ordini di motivi: il rischio di blocchi di produzione improvvisi legati ai casi di dipendenti contagiati e interi reparti in quarantena, e, sul lungo periodo, il calo di consumi e domanda, in particolare per il mondo dell’agroalimentare.

Si corre ai ripari, come la rete di pensionati ed ex casari per salvare eventuali caseifici in difficoltà o la compartimentazione dei reparti di lavorazione per evitare il più possibile i contagi. L’agroalimentare è in cima ai settori più esposti.

Basti pensare, secondo dati Coldiretti, che nelle aree interessate dal nuovo decreto sul coronavirus – Lombardia e 14 province tra Emilia-Romagna, Veneto e Marche – si produce un terzo del Made in Italy agroalimentare italiano. L’imperativo, per garantire la continuità delle produzioni, è salvaguardare la mobilità di merci e persone, nel rispetto delle norme di sicurezza. Davanti al rischio di dover chiudere una piccola azienda e mandare a monte attività per persone contagiate, che devono dunque rispettare una quarantena, ci si attrezza. Un esempio è quello del Consorzio della Dop del Parmigiano reggiano, eccellenza della Food Valley che vive grazie a piccoli e medi caseifici nelle province di Reggio Emilia, Parma, Modena, Mantova e Bologna.

Tutte, al netto di Bologna, destinatarie delle restrizioni del decreto. “Dal punto di vista operativo il decreto non ci blocca, perché il trasporto delle merci è consentito”, spiega Nicola Bertinelli, presidente del consorzio, “e perché l’attività nei caseifici è ‘comprovata necessità lavorativa’” quindi le persone al lavoro ci possono andare.

Tuttavia “ci spaventa il fatto che molte nostre attività non siano differibili nel tempo e quindi temiamo le quarantene obbligatorie”. Chiaro che la salute viene prima, ma una bovina – banalmente – va munta, non si può aspettare tre giorni, il latte va trasformato, non si può congelarlo. E così il consorzio sta creando una banca dati di pensionati, ex casari, manovali da cui ‘pescare’ in caso di carenza di organico nei caseifici. Una forma di solidarietà dei singoli per la sopravvivenza collettiva.

Timori condivisi.

Cesare Baldrighi, presidente di Origin Italia, associazione che riunisce i consorzi italiani delle indicazioni geografiche, nonché a guida del Consorzio Grana Padano, segnala che qualche azienda alcuni problemi per il trovarsi con un numero di persone in quarantena impossibilitate a recarsi al lavoro lo ha già.

Molte, per correre ai ripari, stanno provvedendo a compartimentare i reparti di lavorazione, in modo da salvaguardare salute dei dipendenti in primo luogo e poi la produttività. Bene che non si blocchino i trasporti, fa eco Mariangela Grosoli, presidente del Consorzio dell’Aceto balsamico di Modena Igp, per il resto si troveranno soluzioni: “Non ci ha fermato il terremoto, tra di noi ci siamo dati una mano, dopo di lì ci si inventa qualcosa”.

“Non abbiamo ancora messo a fuoco come sarà domattina tornare a lavorare, se ci saranno controlli – ammette – ma il timore comune è quello del rallentamento dei consumi”. Non è solo l’agroalimentare in ansia. Nelle province emiliane coinvolte ci sono alcuni dei distretti locomotiva del Nord: automotive di lusso, ceramiche, biomedicale, meccanica. E

nelle Marche quello dell’arredamento. Valter Scavolini, fondatore dell’omonima azienda, sta studiando il decreto: “L’importante per noi è che possano viaggiare le merci – dice – che funzionino le spedizioni e le persone possano venire a lavorare”.

“La salute è la cosa che viene prima di tutto – aggiunge – ma bisogna salvaguardare il lavoro”.

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