Coronavirus, Messina, sì di Bonafede al processo al Sindaco - QdS

Coronavirus, Messina, sì di Bonafede al processo al Sindaco

redazione web

Coronavirus, Messina, sì di Bonafede al processo al Sindaco

lunedì 22 Giugno 2020

Autorizzata la Procura a procedere nei confronti di Cateno De Luca, indagato per vilipendio nei confronti del Governo dopo la denuncia della ministro dell'Interno Luciana Lamorgese. Il primo cittadino usò "parole gravemente offensive"

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha autorizzato la Procura di Messina a procedere nei confronti del sindaco della città dello Stretto, Cateno De Luca, accusato del reato di vilipendio previsto dall’articolo 290 del codice penale.

De Luca era stato iscritto nel registro degli indagati a fine marzo dopo la denuncia del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.

Per questo genere di reati, perché si possa poi esercitare l’azione penale attraverso la richiesta di rinvio a giudizio o di emissione di decreto penale di condanna, è necessaria l’autorizzazione del Guardasigilli.

Cateno De Luca si era reso protagonista di durissime critiche alla gestione del Viminale dell’emergenza del Coronavirus, culminate in una corsa agli imbarcaderi della Caronte e Tourist per impedire lo sbarco da una nave dalla Calabria.
Tutto, disse il primo cittadino, per proteggere “i suoi” dall’epidemia.

Nelle sue dichiarazioni, il sindaco accusò duramente il Viminale di non tutelare i siciliani e di aver minimizzato il rischio che l’afflusso di persone nell’isola potesse avere sulla diffusione del virus.

Toni e modi che hanno indotto il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese a trasmettere alla Procura della città dello Stretto una denuncia a carico di De Luca per vilipendio al Governo.

Decisione – fecero sapere dal Viminale – assunta “a seguito delle parole gravemente offensive, e lesive dell’immagine per l’intera istituzione che rappresenta, pronunciate pubblicamente e con toni minacciosi e volgari”.

Il reato previsto dall’articolo 290 codice penale punisce, con la multa da mille a cinquemila euro, chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo o la Corte costituzionale o l’ordine giudiziario.

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