ROMA – In Italia ci sono “ancora troppi decessi da Covid-19, ma la diagnosi precoce è una diga contro il contagio”. Lo afferma Susanna Esposito, presidente dl’Associazione mondiale delle malattie infettive e i disordini immunologici (WAidid), sottolineando che attualmente “in terapia intensiva muore il 20% degli over-70 e il 30% degli over-80” e che “fondamentale è la tracciabilità dei casi”. Per Esposito è dunque necessario “cambiare i criteri dei tamponi, estendendoli a tutti i soggetti con sintomi simil-influenzali. Eseguire controlli routinari sul personale sanitario, sottoporre a diagnosi tutti i contatti anche asintomatici delle persone trovate positive e aumentare il monitoraggio nelle aree più colpite”.
La terapia farmacologica antivirale raccomandata, spiega, “deve poter essere somministrata, se indicata, nella fase iniziale della malattia. Non appena, invece, subentrano gravi complicazioni respiratorie può essere troppo tardi. In terapia intensiva muore il 20% degli over 70 e il 30% degli over 80. Se non vengono effettuati tamponi a soggetti a rischio asintomatici, che hanno avuto contatto con casi positivi, non è possibile iniziare precocemente eventuali trattamenti”.
Così pure, “se agli operatori sanitari asintomatici in ospedale non viene effettuato il tampone quando sono esposti a casi positivi, e se i laboratori identificati per effettuare i test diagnostici sui tamponi forniscono una risposta dopo 3-4 giorni perché non sono sufficientemente attrezzati con un ritardo sia nell’inizio delle terapie antivirali sia nell’isolamento dei contatti stretti e degli operatori sanitari positivi – afferma Esposito in una nota – la letalità da Covid-19 in Italia, per lo meno in alcune Regioni, sarà la più alta del mondo. Tenere le persone a casa non è sufficiente, è necessaria una identificazione più precoce del contagio”.
Non eseguire il tampone in chi “ha sintomi lievi o moderati e negli asintomatici che hanno avuto contatti stretti con casi positivi – prosegue – può indurre a fare uscire di casa soggetti contagiosi guariti dai comuni sintomi influenzali ma che sono ancora portatori del virus”. Secondo l’esperta è inoltre “fondamentale limitare il più possibile le uscite senza assembramenti ma fare in modo che tutti indossino sempre la mascherina chirurgica quando escono di casa per evitare la diffusione del virus da parte di quei portatori asintomatici che non sarebbero identificati neanche con una esecuzione più estesa di tamponi”.
Fermo restando la disponibilità e l’accessibilità ai dispositivi protettivi che “ad oggi non è ancora garantita, uscire senza mascherina è pericoloso per sé e per gli altri. D’altra parte – conclude Esposito – nessuno sa se i portatori asintomatici sviluppano anticorpi protettivi. Quindi, è possibile che il numero dei suscettibili resti molto alto per lungo tempo”.

