Home » Coronavirus, test sierologici per fine maggio, verso la mappatura

Coronavirus, test sierologici per fine maggio, verso la mappatura

Coronavirus, test sierologici per fine maggio, verso la mappatura
Blood sample with respiratory coronavirus positive

Pronti da oggi, sono quattro milioni. La statunitense Abbott, che si è aggiudicata la gara, spiega come funzionano e a cosa servono. Il governo si attende indicazioni sul virus importanti per la Fase 2, ma Locatelli (Css) avverte, non sono patente d’immunità

È operativo l’altro importante pilastro della “exit strategy” che il Governo ha messo a punto per uscire dal lockdown imposto dall’emergenza Coronavirus: i test sierologici.

Entro fine maggio, infatti, la Abbott – l’azienda statunitense che si è aggiudicata il bando per la fornitura dei test – conta di distribuirne in Italia quattro milioni.

“I test sono comunque disponibili già da stamattina”, ha annunciato l’azienda, anche se il bando prevede che siano nei laboratori dal quattro maggio.

“Il nuovo test ha dimostrato specificità e sensibilità superiori al 99 per cento 14 giorni o più dopo l’insorgenza dei sintomi”, spiega la Abbott, annunciando che in un migliaio di laboratori di tutta Italia sarà possibile analizzare fino a duecento test per ogni ora.

Luigi Ambrosini, dg e ad di Abbott Italia – che ha annunciato di aver ottenuto il marchio Ce – ha anche spiegato che “il test IgG SARS-CoV-2 identifica l’anticorpo IgG, una proteina prodotta dall’organismo nelle fasi avanzate dell’infezione e che potrebbe persistere per mesi e forse anni dopo la guarigione”.

Test, come funzionano e a cosa servono

Riconoscendo gli anticorpi nel sangue si può dire se l’infezione c’è stata e stabilire se il contagio è avvenuto circa un mese prima.

Se di test ce ne sono molti, sono due i metodi di riferimento per quantificare la presenza degli anticorpi: il metodo basato sulla chemiluminescenza e il metodo Elisa.

La chemiluminescenza (ChLia) si basa su una reazione chimica che nel momento in cui gli anticorpi, o immunoglobuline (Ig), si legano all’antigene, ossia a una sostanza che il sistema immunitario considera estranea, emettono della luce che viene rilevata da un sensore.

Il secondo metodo si chiama Elisa (acronimo dall’inglese “Enzyme-linked immunosorbent assay), ed è un metodo colorimetrico.

Anche in questo caso l’antigene aderisce a una superficie e quando si lega all’anticorpo, questo viene reso riconoscibile grazie a un enzima che provoca un cambiamento di colore.

Moltissimi test ogni giorno

“Entrambi i metodi – spiegano gli scienziati – sono affidabili e molto automatizzabili, vale a dire che permettono di fare moltissimi test in una giornata”.

Gli anticorpi che vengono riconosciuti nel sangue venoso periferico con entrambi i metodi sono le immunoglobuline G (IgG), che segnalano che l’infezione è avvenuta da oltre un mese.

Nella Fase 2 fondamentale individuare gli asintomatici

Sono questi test, secondo i ricercatori, che potranno aiutare a comprendere per esempio quante siano state le persone hanno avuto il virus in Italia, oltre ai casi diagnosticati.

Soprattutto nella fase della riapertura diventa importante individuare chi ha avuto l’infezione, ma senza sintomi o con sintomi così lievi da non avere avuto la diagnosi.

Diversi i tamponi che forniscono invece una diagnosi diretta, individuando i frammenti genetici del virus nei campioni prelevati da naso e gola. I test sierologici, invece, forniscono una diagnosi indiretta rivelando la presenza degli anticorpi, ossia se l’infezione sia avvenuta in passato o meno.

Il test su larga scala per mappare il Paese

Il test servirà dunque per una mappatura del Paese, “per definire bene quella che è stata la diffusione epidemica del virus nelle varie regioni del Paese, nelle differenti fasce di età e anche tenendo conto di profili lavorativi”, ha ribadito Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità (Css).

“Ma non darà – ha ribadito – una patente di immunità, questo deve essere detto in maniera molto chiara e tanti studi ancora devono essere fatti per meglio definire più compiutamente e caratterizzare la risposta immunitaria al virus”.
Dello stesso avviso il presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), Marcello Tavio secondo cui i test “sono sicuramente utili nel singolo caso per capire se una persona ha avuto la malattia e più in generale per i cosiddetti studi epidemiologici, per sapere cioè quante persone effettivamente nell’ambito di una data popolazione hanno incontrato il virus, magari in modo totalmente asintomatico. Questi test saranno in grado di rispondere a questa importante domanda ma non servono per la diagnosi nella fase acuta, dove va cercato direttamente il virus e non la risposta anticorpale”.