Arrestati un ex funzionario regionale e un imprenditore milanese, socio occulto del re dell'eolico e del consulente della Lega Nord. L'accusa è ancora quella di corruzione. Tremano certi ambienti politici
La notizia bomba è che Vito Nicastri, il re dell’eolico, imprenditore alcamese delle energie rinnovabili, ritenuto tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro, sta collaborando con la Procura di Palermo, e già tremano alcuni ambienti politici.
Nicastri è infatti finito al centro di una inchiesta su un giro di corruzione che coinvolge anche il consulente della Lega Nord Paolo Arata, già arrestato nel corso di una precedente indagine che ha portato anche a presentare le proprie dimissioni il sottosegretario della Lega Nord Armando Siri, pupillo di Matteo Salvini.
I due nuovi arresti dell’inchiesta che ha portato in manette il consulente della Lega Paolo Arata, riguardano Giacomo Causarano, ex funzionario dell’assessorato regionale all’Energia, e l’imprenditore milanese Antonello Barbieri.
Causarano, il cui nome era già venuto fuori nei mesi scorsi, è accusato di corruzione.
Barbieri di intestazione fittizia di beni, autoriciclaggio e corruzione: sarebbe socio occulto di Arata e Nicastri.
Sia Causarano che Barbieri sono ai domiciliari.
Quest’ultima indagine, coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo e condotta dalla Dia di Trapani, ha svelato un giro di mazzette alla Regione siciliana.
Arata e Nicastri avrebbero pagato tangenti a diversi funzionari per avere agevolazioni nei loro affari nel campo delle energie rinnovabili.
L’inchiesta, nei mesi scorsi, ha portato all’arresto anche dei figli di Arata e Nicastri, Paolo e Manlio, e di un altro funzionario regionale, Alberto Tinnirello.
Una tranche dell’indagine, come detto, ipotizza il pagamento di una tangente di trentamila euro all’ex sottosegretario leghista alle Infrastrutture Siri per l’approvazione di un emendamento che avrebbe dovuto far ottenere finanziamenti ai due soci, è stata trasmessa a Roma per competenza.
Secondo gli investigatori Causarano sarebbe stato il trait d’union tra Nicastri e Tinnirello, il funzionario che firmava le autorizzazioni necessarie all’imprenditore per la realizzazione di due impianti di biometano. Il progetto era ottenere l’Autorizzazione Unica da parte della Regione.
La mazzetta pattuita sarebbe stata di mezzo milione di euro.
I primi centomila sarebbero già stati consegnati, il resto doveva essere versato alla firma dell’autorizzazione.
Gli impianti dovevano essere costruiti a Francoforte e Calatafimi.
In realtà Nicastri aveva intenzione di vendere il progetto, con tutte le autorizzazioni ottenute, a grosse imprese: affare che avrebbe portato al “re dell’eolico” tra dieci e quindici milioni di euro.
Barbieri, invece, sarebbe stato socio di Nicastri fino al 2015, poi avrebbe ceduto le sue quote ad Arata per trecentomila euro.