La pena non è congrua rispetto ai reati contestati. È con questa motivazione che il gup del tribunale di Messina ha rigettato le richieste di patteggiamento dei principali indagati nell’inchiesta sulla corruzione all’interno della struttura commissariale per il contrasto del rischio idrogeologico. La decisione è stata presa questa mattina.
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Ad attendere il pronunciamento erano, tra gli altri, l’ex capo della struttura Maurizio Croce, l’imprenditore e attuale sindaco di Maletto Giuseppe Capizzi, la funzionaria Rossella Venuti e Francesco Vazzana, ex direttore di Arpa Sicilia e amico di lungo corso di Croce. I loro legali avevano trovato un accordo con la procura che fissava le pene tra due e tre anni e mezzo. Il giudice per l’udienza preliminare le ha però considerate troppo basse, disponendo il rinvio a giudizio per tutti. A essere stata accolta è stata invece la richiesta di patteggiamento a otto mesi presentata da Emanuele Capizzi.
Per Croce, Capizzi, Venuti e Vazzana adesso non rimarrà altro da fare che attendere l’udienza del 22 ottobre quando è fissato l’avvio del processo per gli altri indagati che già nelle settimane scorse erano stati rinviati a giudizio. In quella sede, stando a quanto trapela dalle difese degli imputati, la richiesta di patteggiamento potrebbe essere nuovamente presentata e sottoposta al vaglio del tribunale in forma collegiale. Esclusa, invece, l’ipotesi di una trattativa al rialzo sulle pene da concordare. Nel caso in cui anche a ottobre i patteggiamenti non dovessero essere accolti, si aprirebbe per tutti il percorso del processo con rito ordinario.
Al centro dell’indagine della guardia di finanza ci sono i favori che funzionari pubblici e imprenditori si sarebbero scambiati. Protagonisti del rapporto corruttivo sarebbero stati innanzitutto Maurizio Croce – nel cui passato c’è anche l’esperienza da assessore regionale nel governo Crocetta e, più recentemente, quella da consigliere comunale a Messina – e Giuseppe Capizzi. Quest’ultimo, tramite la società di famiglia Scs Costruzioni avrebbe accettato di eseguire lavori in immobili privati, come un negozio di Francesco Vazzana, un resort in provincia di Agrigento e la casa di villeggiatura di Rossella Venuti, con l’intento di ottenere in futuro nuovi affidamenti da parte della struttura guidata da Croce. Tali lavori, inoltre, sarebbero stati finanziati risparmiando nel cantiere allestito a Messina per la messa in sicurezza di un torrente.
Il lavoro degli investigatori ha registrato un’accelerazione nel momento in cui Capizzi ha ammesso le proprie responsabilità, avviando di fatto una collaborazione con gli inquirenti. Ciò gli ha consentito di ottenere una misura cautelare più lieve, rispetto ai domiciliari comminati a Croce, e al contempo la possibilità di rimanere sindaco del comune di Maletto. Nel centro alle pendici dell’Etna, tuttavia, i risvolti dell’inchiesta hanno portato a un’eclatante protesta da parte della minoranza consiliare che ha annunciato di disertare i lavori fino a che il primo cittadino non avesse rassegnato le dimissioni. Capizzi, dal canto proprio, non solo ha ribadito l’intenzione di rimanere ai vertici dell’amministrazione, affermando che la vicenda giudiziaria lo riguarda soltanto come imprenditore e non come politico, ma ha assistito all’espulsione dal consiglio comunale di tutti i componenti della minoranza. Un provvedimento votato dai consiglieri di maggioranza e a cui hanno fatto seguito una serie di ricorsi al Tar ma anche il coinvolgimento della prefettura e dell’assessorato regionale agli Enti locali.